La Rivoluzione del Kaiser

Pietro Ratto, 25 agosto 2012

1.  I SOLDI DEL REICH

16 novembre 1917. I compagni Polivanov e Zalkind, alti funzionari del Commissariato per gli Affari Esteri dell'appena nato regime bolscevico, firmano un documento indirizzato al Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo, Lenin. Sul documento si legge: "Secondo la risoluzione presa alla riunione dei commissari del popolo compagni Lenin, Trotskij, Podvojskij, Dybenko, Volodarskij, abbiamo eseguito quanto segue:

1) nell’archivio del ministero della Giustizia dall’incartamento sul “tradimento” dei compagni Lenin, Zinoviev, Kamenev, Kollontaj, ecc. abbiamo tolto l’ordine della banca imperiale germanica n. 7433 del 2 marzo 1917 con l’autorizzazione di un pagamento ai compagni Lenin, Zinoviev, Kamenev, Trotskij, Sumenson, Kozlovskij, ecc. per la propaganda di pace in Russia.

2) Sono stati controllati tutti i registri della Nya Banken di Stoccolma contenenti i conti dei compagni Lenin, Trotskij, Zinoviev, ecc., aperti dietro l’ordine della banca imperiale germanica n. 2754".

Vladimir Il'ič Ul'janov, soprannominato LENIN, artefice della Rivoluzione d'Ottobre

Poche righe piuttosto inquietanti, che alludono a tradimenti e a bonifici bancari tedeschi. La questione, in realtà, non è sconosciuta. Da tempo si parla di finanziamenti germanici volti a "convincere" la Russia ad uscire dal conflitto permettendo così all'esercito tedesco di concentrarsi sul fronte più "caldo", quello occidentale, che vedeva impegnati gli uomini del Kaiser contro l'odiata Francia.

Non è cosa nuova, ma Lenin aveva sempre negato. Non poteva davvero ammettere un qualche accordo, tanto più di matrice economica, tra l'imperialismo borghese e militarista tedesco e il pacifismo bolscevico. Ora, però, ricevute bancarie ed estratti conto rinvenuti da alcuni giornalisti del periodico tedesco Der Spiegel negli archivi militari russi e tedeschi ed in quelli di alcune banche svizzere toglierebbero ogni dubbio.

Certo, quel rocambolesco rientro in Russia, completatosi il 3 aprile 1917, di un Lenin fino a quel momento esule in Svizzera, aveva fatto discutere per anni gli studiosi. Ben protetto all'interno di un vagone piombato partito da Zurigo e transitato per tutta la Germania sotto gli occhi di centinaia di consenzienti soldati tedeschi, il futuro animatore della Rivoluzione di Ottobre si era preso il lusso - insieme al compagno Karl Radek - di spostarsi in terra nemica e di ritornare nella sua patria al fine di dare il via alla propaganda bolscevica con le sue famose Tesi di Aprile. James Joice, a proposito di questa sua avventurosa rimpatriata, avrebbe definito Lenin una "sorta di cavallo di Troia" della rivoluzione.

Karl Radek (1885-1939)

Rivoluzionario della prima ora, finirà i suoi giorni in un campo di lavoro, ucciso dalle purghe staliniste.

Il 17 di quel mese un telegramma era partito da Stoccolma. Il capo dei servizi segreti tedeschi avvisava Berlino: "L’ingresso di Lenin in Russia è riuscito.

Sta lavorando esattamente come richiesto".

Ad organizzare e finanziare il viaggio di Lenin fu un personaggio alquanto enigmatico, tal Parvus Helphand, per l'anagrafe Alexander Israel Helphand, democratico socialista russo-tedesco che, secondo lo storico George Vernadsky (Cfr. Lenin, il dittatore rosso, Yale university Press, del 1932), fece da intermediario tra la Germania e Lenin trasferendo diversi milioni di rubli dall'una all'altra parte. 

A finanziare e portare in Russia Trotskij, invece, ci pesò la banca J.P Morgan di Rockefeller così come rivela Harold Nicolson nel suo Dwight Morrow del 1935. La J.P Morgan, che finanziò in più occasioni i rivoluzionari russi così come la stessa Federal Reserve Bank (Cfr. Robert Maddox, La guerra sconosciuta con la Russia, Presidio Press, 1977), pagò tutte le spese della permanenza in esilio, in un hotel di lusso a New York, di Trotskij e famiglia. Poi organizzò il suo rientro a Mosca del 26 marzo 1917 - provvedendo anche a liberarlo quando, il 13 aprile, venne intercettato ed arrestato ad Halifax dai servizi segreti canadesi, grazie a forti pressioni dal primo ministro inglese Lloyd George sul politico canadese McKenzie King, che grazie al suo interessamento fu poi nominato Direttore del Dipartimento di Ricerca della Rockefeller Fondation, incarico da 30 mila dollari ll'anno, ottenendo in seguito la carica di Primo ministro - avviando così la Rivoluzione.

Eustace Mullins - nel suo discusso The new Order, Ezra Pound Institute, 1985 - sostiene che a Wall Street, al numero 120 della Broadway, nei primi anni Venti fosse stata collocata una sede della Federal Reserve specificamente finalizzata al finanziamento dei Partito bolscevico, impegnato nella difficile costruzione dell'URSS.

 

Lenin prezzolato dai servizi segreti germanici e dalle banche americane per dar corso ad un Rivoluzione comunista atta a togliere di mezzo la Russia dal conflitto. Le prove che i giornalisti dello Spiegel citano paiono proprio impietose. Se ne evince che per ben quattro anni il solo Ministero degli Esteri tedesco versò nelle casse sovietiche 26 milioni di marchi (circa 75 milioni di euro attuali). Ma i finanziamenti totali furono molto più ingenti, e si concretizzarono in armamenti, esplosivi e, naturalmente, molti, molti soldi. Anzi, il periodico tedesco sostiene che già nel settembre 1914, a guerra appena iniziata, "due personaggi particolarmente influenti" avessero ricevuto dal Kaiser un anticipo di 50 mila marchi d'oro per mettere in piedi in Russia un'insurrezione che, una volta verificatasi, avrebbe ottenuto un'ulteriore copertura tedesca di altri due milioni di marchi.

Il Kaiser Guglielmo II

(1859-1941)

Da sinistra (e da storici come Vladimir Buldakov o Roy Medvedev), la questione viene minimizzata. La cosa si sapeva già, dicono i sostenitori di Lenin, affermando che il padre della Rivoluzione di Ottobre non stipulò alcun accordo coi tedeschi e che si trattò soltanto di una momentanea "convergenza di interessi", che permise al capo dei bolscevichi di "sfruttare" i proventi del capitalismo occidentale a vantaggio del comunismo. In altre parole: la politica non ha nulla a che fare con la morale.

Ma non la vedono così, come una semplice operazione di opportunismo politico giustificato dalla "Ragion di Stato", studiosi come Viktor Kuznetsov, che nel suo libro Il mistero del rivolgimento d’ottobre. Lenin e la congiura tedesco-bolscevica, cita documenti incontrovertibili, anche se sconosciuti più ai russi che agli storici occidentali e parla di un vero e proprio "peccato originale" della Rivoluzione leninista.

Scandalo o no? In fin dei conti tutto dipende dall'idea di politica in cui crediamo.

 

2. LE BANCHE E LA GRANDE GUERRA

 Ma è davvero quello l'unico obiettivo nei confronti della Russia, farla uscire dal conflitto? Si tratta davvero di mire esclusivamente militari, da parte delle sole forze dell'Alleanza? Può aver, l'Imperatore Guglielmo II, concepito e messo in atto da solo tutto ciò? Lo studioso e giornalista Gian Paolo Pucciarelli nel suo Il ruolo delle banche Internazionali all'origine del primo conflitto mondiale ci fornisce un quadro ben più inquietante della situazione, a partire dai decenni precedenti a quel fatidico 1914. Pucciarelli parte da un articolo pubblicato sul Quarterly Journal of Economics di Washington nell'aprile 1887, in cui ad un certo punto si legge: "Le finanze europee sono a tal punto compromesse dall'indebitamento generale che i governi dovrebbero chiedersi se una guerra, malgrado i suoi orrori, non sia preferibile al mantenimento di una precaria e costosa pace". Una guerra, insomma, come unica soluzione per far fronte al gigantesco e non più sostenibile debito pubblico accumulato fino a quel momento da tutte le potenze europee. Pucciarelli sottolinea come tale debito fosse il risultato dei complessi meccanismi adottati dal Sistema Bancario Internazionale al fine di indebitare fortemente i vari governi per poi dichiararne l'insolvenza, nel momento in cui i prelievi fiscali interni non si fossero rivelati più in grado di far fronte ai prestiti bancari ottenuti.

Il tesissimo clima politico internazionale di inizio secolo, poi - evidenziato anche dai continui "incidenti diplomatici" dell'epoca e dalla diffusa consuetudine di inserire in ogni governo europeo la carica di Ministro della Guerra, per altro puntualmente affidata a un generale - fece il resto. Un contesto come quello, d'altra parte, necessitava di continue spese per nuovi armamenti, al cui ricorso, spesso, le stesse banche centrali obbligavano i rispettivi Stati, a garanzia dei prestiti erogati.

La stessa soluzione indicata dal Sistema Bancario Internazionale, quella che consisteva in una guerra in grado di permettere alle nazioni vittoriose di porre rimedio ad una crisi altrimenti irrisolvibile, per le banche centrali si sarebbe tradotta in un doppio profitto: gli interessi derivanti dai prestiti per gli armamenti e quelli poi maturati grazie ai fondi per la successiva ricostruzione delle città, sventrate dalle bombe.

Alla guida di tutto, ancora una volta, l'onnipotente famiglia dei banchieri Rothschild, la cui agenzia londinese aveva realizzato un'importante alleanza con il sovrano inglese Giorgio V a discapito del Kaiser Guglielmo II, tra altro nipote dell'ex sovrano britannico Edoardo VII. Alleanza che, per giunta, da tempo esercitava forte influenza anche sugli Stati Uniti, con la Banca di Inghilterra in grado di influire sull'economia americana tramite i Morgan ed i Rockefeller, veri e propri agenti della Rothschild House di Londra.

Amschel Mayer Rothschild (1744 - 1812)

Fu lui a fondare l'omonima dinastia di banchieri ebrei, collocando i suoi figli maschi in altrettante agenzie istituite nelle più importanti capitali d'Europa.

Inghilterra contro Germania (per motivi coloniali e rivalità sui mari), Germania contro Francia (in virtù del feroce revanscismo nutrito da entrambi i Paesi dai tempi della Guerra Franco-Prussiana). Inghilterra contro Impero Ottomano (per i ricchissimi giacimenti petroliferi in Medio oriente, ancora in mano ai turchi - si veda a tal proposito il saggio Solo per il Petrolio pubblicato su questo stesso sito). 

Per quanto poi attiene alla nostra nazione, Pucciarelli ci ricorda come l'Italia si trovasse letteralmente nelle mani dei Rothschild, dato che, secondo diversi storici, i soldi dei banchieri tedeschi avevano finanziato il suo stesso processo di Unificazione. Ma a completare in modo davvero inquietante questo difficile quadro internazionale Pucciarelli introduce il tema della Russia. Secondo lo studioso, infatti, il progetto di una rivoluzione bolscevica con conseguente regime sovietico atto, prima con Lenin e poi con Stalin, a sopprimere ogni legge di mercato abbattendo la proprietà privata e il libero commercio e vietando la nascita di qualsiasi realtà imprenditoriale, sarebbe stato concepito dalle alte sfere della finanza occidentale proprio al fine di isolare per molti decenni l'ex impero zarista, altrimenti troppo competitivo, sui mercati internazionali, a causa dei prezzi molto bassi in grado di praticare per via della sua bassissima domanda interna di carburanti (in contrasto con i ricchissimi giacimenti petroliferi presenti nel proprio sottosuolo, come nel caso dell'ambitissimo sito di Baku), causata dalla sua forte arretratezza in campo industriale.

Il piano dei Rothschild e del Sistema Bancario internazionale, insomma, per Pucciarelli prevedeva tra gli obiettivi immediati "il crollo del regime zarista, il sequestro del tesoro dei Romanov (conservato nelle casse della Rothschild Bank dopo la messa in mora di Nicola II) e l'eliminazione di un pericoloso concorrente (lo stesso Zar), nella corsa al Petrolio nel Golfo Persico". 

Un piano, insomma, per rastrellare più ricchezze a breve termine e per garantire l'uscita di scena del forte concorrente russo per molti decenni a venire.

Nicola II Romanov,

ultimo Zar di Russia, ucciso dai bolscevichi a Ekaterinburg il 17 luglio 1918

 

In effetti già lo zar Alessandro II aveva contratto debiti con Casa Rothschild per finanziarsi la guerra contro l'Impero Ottomano, nel 1877. L'anno precedente i potenti banchieri, grazie al loro acquisto per conto della Corona inglese della quota egiziana della Società per il Canale di Suez (50% dell'intero pacchetto azionario), avevano creato speciali istituti - poi definiti Accepting Houses -  atti a gestire il mercato delle obbligazioni emesse per Stati debitori (come nel fortunatissimo caso dei 132 miliardi di marchi d'oro, pari a 32 miliardi di dollari, delle spese di guerra al cui risarcimento sarebbe stata condannata la Germania nel 1919). Alessandro II non era però riuscito a saldare il debito, originando così una spirale di indebitamento, che aveva coinvolto anche i suoi successori Alessandro III e Nicola II, dovuta a continui ricorsi ai banchieri tedeschi in cambio del finanziamento di nuovi armamenti e di nuove guerre, come lo sfortunato conflitto contro il Giappone. Ma ad ogni scadenza gli zar risultavano sempre più insolventi, necessitando di nuovi e più ingenti prestiti - a garanzia dei quali il tesoro dei Romanov fu appunto versato nelle casse della Rothschild House - nel contesto di quello che Pucciarelli definisce "il gigantesco tranello di cui sarebbero state vittime lo stesso Zar ed il popolo russo".

Tranello culminato con la Rivoluzione d'Ottobre e la conseguente uscita di scena dell'ingombrante impero Russo, per molti e molti anni, dallo scenario dei mercati internazionali.

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I messaggi segreti nel Rinascimento