Indipendence Day, fu vera gloria?
Piero Cammerinesi, 22 ottobre 2016
4 Luglio 2014. Tra un barbecue, una partita di baseball, uno sventolare di bandiere e gli immancabili fuochi d’artificio, oggi si festeggia il 238mo anniversario dell’indipendenza americana dall’Inghilterra.
Qui negli USA la maggior parte degli uffici e dei negozi chiude di fatto solo per due festività all’anno: l’Independence Day in estate e il Thanksgiving Day in autunno, mentre le famiglie si riuniscono intorno al barbecue. Ogni casa tira fuori per l’occasione la bandiera a stelle e strisce, in un'apoteosi di contagioso patriottismo.
Come è noto questa festa commemora la Dichiarazione di indipendenza del 4 luglio 1776, firmata a Philadelphia, con la quale le 13 colonie americane si staccarono dall’Inghilterra. In realtà la guerra per l’indipendenza, scoppiata nel 1775, anno del primo scontro tra le milizie delle 13 colonie e le truppe inglesi, durerà fino al 1781 e l’indipendenza vera e propria ci sarà solo nel 1783 con il Trattato di Versailles, ma il giorno simbolo è rimasto il 4 luglio 1776. La Dichiarazione d’Indipendenza fu redatta da Thomas Jefferson, John Adams, Robert R. Livingston, Roger Sherman e Benjamin Franklin, veri e propri Padri della Patria e personalità di grande valore morale e culturale.
Da allora, come si suol dire, molta acqua è passata sotto i ponti, ma quello che colpisce chi voglia fare una riflessione più approfondita sulla storia di questo Paese, è vedere come i governanti abbiano tradito così radicalmente, nel corso dei secoli, le aspettative e gli ideali di questo grande popolo.
Partiamo dall’Independence Day.
Un sovvertimento totale degli ideali dell’indipendenza è oggi rappresentato dal potere della banca centrale e dalla politica imperiale della nazione che, una volta conquistata eroicamente la propria indipendenza, ha dedicato i propri sforzi a privare altri Paesi sovrani della loro.
Il potere del denaro - senza limiti da questa parte dell’Atlantico - avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni dei Padri costituenti, limitato da normative ben precise e soprattutto avrebbe dovuto essere di proprietà del popolo e non di una banca centrale.
I Padri fondatori erano ben consapevoli del pericolo enorme costituito da una banca centrale di proprietà privata. Avevano avuto modo di toccare con mano come la banca centrale privata inglese, la Banca d'Inghilterra, aveva causato l’incremento del debito nazionale ad un livello tale che il Parlamento aveva di conseguenza applicato delle tasse eccessive alle colonie americane, inducendo Benjamin Franklin a ritenere che quella fosse la reale causa della Rivoluzione americana.
Come Jefferson ebbe modo di dire:"Credo sinceramente che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà degli eserciti nemici schierati. Il potere di emissione dovrebbe essere sottratto alle banche e restituito al popolo, al quale giustamente appartiene."
A lui si aggiunse James Madison, il principale artefice della Costituzione, che addirittura chiamò con spregio i banchieri ‘cambiavalute’: "La storia narra che i cambiavalute hanno usato ogni forma di abuso, complotto, inganno e ogni metodo di violenza possibile per mantenere il proprio predominio sui governi, controllando il denaro e la sua emissione."
Er oggi la FED è padrona assoluta del denaro e determina l'economia - e la politica - non solo nazionale, ma globale.
Quanto alla vocazione imperiale degli USA, credo ci sia poco da aggiungere al fatto che - dall’indipendenza in poi - i neonati Stati Uniti d’America hanno effettuato centinaia di aggressioni nei confronti di Paesi sovrani e, di fatto, sono oggi, con ben 865 (dati del Pentagono) basi militari sparse su cinque continenti, i veri e propri padroni del mondo.
Senza parlare della colonizzazione culturale che ha imposto all’umanità un unico standard culturale globale.
Per quanto riguarda il Thanksgiving Day, le cose sono, se possibile, ancora più sconcertanti.
La festa per il giorno del Ringraziamento, infatti, risale al 1621, quando i padri pellegrini, perseguitati in Inghilterra per il loro integralismo religioso, abbandonarono l’Europa per emigrare nel Nuovo Mondo.
Dopo un viaggio avventuroso sbarcarono dal Mayflower 102 pionieri, che ben presto si trovarono in grave difficoltà a seguito del primo inverno particolarmente rigido. La metà di loro non sopravvissero alla stagione invernale e tutti avrebbero condiviso lo stesso destino se non fossero intervenuti i nativi americani o, come li chiamiamo noi, gli ‘indiani’, che aiutarono i coloni a coltivare il granturco e ad allevare il tacchino.
Grazie al loro aiuto il primo raccolto fu abbondante e i coloni sopravvissero; per celebrare la vittoria sugli elementi ostili indissero un giorno di ringraziamento a Dio per i doni ricevuti.
I padri pellegrini invitarono alla festa anche gli indigeni, ai quali dovevano la vita e la possibilità di rimanere nei nuovi territori.
Peccato, però, che era iniziato già dal 1610 uno dei genocidi più spietati della storia, nel corso del quale fu sterminata l’intera popolazione nativa del continente nordamericano. Questo genocidio, di 18 milioni di persone, durò fino al 1890 - ben 280 anni - quando venne massacrato il popolo Lakota dal glorioso 7. Cavalleggeri.
18 milioni di uomini, donne e bambini, tre volte l’Olocausto, ma parlare di quell’Olocausto non è politically correct.
Dunque un Independence Day che oggi festeggia una America che tradisce gli elevatissimi principi dei suoi Padri fondatori e nega l’autodeterminazioni dei popoli grazie a ideali capovolti come ‘esportazione di democrazia’, ‘guerra umanitaria’, ‘difesa della libertà’, e un Thanksgiving Day che celebra un giorno di ringraziamento e 280 anni di sterminio di quegli stessi generosi native american che avevano appena ringraziato.
Sic transit gloria mundi.