Appunti sulla vicenda della fornitura italiana di armi ai curdi
Pietro Ratto, 30 agosto 2014
13 marzo 1994
La magistratura sequestra, nello Stretto di Otranto, un formidabile carico di armi di contrabbando stipate sulla Jadran Express e ufficialmente destinate alla Guerra nei Balcani. Viene arrestato il magnate e politico russo Alexander Zhukov - nipote del Generale Georgy Khuzov (1896-1974), eroe della Battaglia di Stalingrado - che risulta gestire il traffico.
1996
I giudici della Procura di Tempio dispongono la distruzione dell’arsenale, stipato momentaneamente nell’isola di Santo Stefano. Ma Zhukov viene prosciolto, nonostante siano accertate le sue responsabilità, per i soliti cavilli giurisdizionali (il capitano della Jadran, infatti, dichiara bellamente che il traffico proveniva dalla Russia e non era destinato all’Italia), e se ne torna tranquillo in Russia, dove due anni dopo verrà insignito dell’Ordine al Merito per la Patria e, nel 2004, diverrà addirittura Vicepremier della Federazione Russa, al fianco del Primo Ministro Khristenko. E l’intera inchiesta viene archiviata su pressione del Governo, per “inderogabili e superiori esigenze di sicurezza nazionale”
2006
La Procura di Torino riapre le indagini e conferma la sentenza che prevede la distruzione dell’intero carico di armi.
19 maggio 2011
Nonostante le disposizioni della magistratura, nella notte viene imbarcata una parte dei 30 mila fucili mitragliatori AK-47, 32 milioni di proiettili, 400 missili terra-aria anticarro Spigot AT-4 con 50 postazioni di tiro, 5mila razzi Katiuscia da 122 millimetri, 10 mila razzi anticarro Rpg, fino a quel momento conservati nell’isola e mai distrutti. Il giorno dopo, il carico sbarca a Civitavecchia, dopo aver viaggiato su un traghetto che trasportava 725 persone completamente all’oscuro di tutto. Tra esse, 122 bambini e 87 anziani. Nella bolla d’accompagnamento il carico occulto risulta: “pezzi di ricambio”.
Il carico procede verso il poligono di Santa Severa, poi si volatilizza. Scatta una nuova indagine giudiziaria ma, ancora una volta in nome della ragion di Stato, la vicenda viene improvvisamente chiusa. Due anni prima, per giunta, il governo Berlusconi aveva promulgato un Decreto Legge (mai successivamente ratificato in Parlamento e, dunque, decaduto), che prevedeva l’equiparazione del carico di armi a “Beni dello Stato”. In quanto tali, secondo il governo le armi erano diventate di colpo “utilizzabili”. Così, Berlusconi ne concede una buona parte ai ribelli che in Libia lottano contro l’ex amico Gheddafi. In cambio, rinnovo delle forniture di gas e petrolio nonché appalti miliardari per realizzare nuove infrastrutture ed autostrade in Libia. Su tutta la questione viene di nuovo calata l’inquietante coltre del Segreto di Stato.
2014
Il Premier Matteo Renzi, alla guida di quella stessa sinistra che - come recentemente ha ricordato anche Gino Strada - nel 2003 sfilava per le strade con le bandiere arcobaleno manifestando contro la partecipazione dell’Italia nella Guerra in Iraq, decide di vendere quel che resta del formidabile stock di armi di contrabbando ai guerriglieri curdi, per combattere l’Isis, lo spauracchio terroristico del momento.
Naturalmente, tutto ciò in piena e reiterata violazione delle ripetute intimazioni della magistratura, che da vent’anni ha stabilito la distruzione dell’intero arsenale.
Cfr. : La Nuova Sardegna, 6 aprile 2013 e Il Fatto quotidiano, 21 agosto, 2014