La Scuola rubata

Non scriverò più nessuna “Lettera aperta”; dopotutto si tratta solo di uno spreco di tempo e di energia. Ad una lettera, per esser tale, necessita un destinatario che la legga. E poi, a ben pensarci, di “aperto”, ormai, guardandomi intorno non vedo proprio più niente.

Funziona così, nelle finte democrazie. In quei sistemi che tendono a limitare la diffusione della cultura e dell’istruzione. Un popolo allevato dalla televisione spazzatura, incollato ogni giorno all’immondizia catodica rovesciatagli sistematicamente addosso da decine di mariedefilippi; un popolo educato alla sottocultura dell’apparire ad ogni costo, stile Grande Fratello... Un popolo così, insomma, può bere qualunque cosa.

Con un paio d’ore di Tv, scrupolosamente somministrate in prima serata, la gente che lavora dieci ore al dì, sette giorni alla settimana ad una manciata di euro all’ora la manipoli come vuoi. La convinci a sentirsi libera proprio mentre la incateni con la tua incessante propaganda. La esorti a gioire proprio mentre la derubi. Le sviluppi interiormente una crescente riconoscenza per come la fai sentire viva e felice di telefonare o di guidare “senza limiti” proprio mentre la isoli e la blocchi. Proprio mentre la uccidi.

Quindi fate un po’ quello che volete. Pensate pure ciò che i vostri padroni hanno già pensato per voi. Da anni hanno soffiato nelle vostre zucche il discredito nei confronti degli insegnanti dei vostri figli. Insegnanti fannulloni, ignoranti, disonesti. Sono loro, i vostri padroni, ad avervi spinti ad aspettare i professori all’uscita da scuola aggredendoli e picchiandoli per aver osato rimandare il vostro bimbo. Sono proprio loro. Quelli che da decenni lavorano affinché vostro figlio impari sempre di meno, affinché cresca soltanto in ignoranza e indifferenza. Loro, sì. Quelli che spingono i vostri bebè a non leggere, a non studiare la storia, a fregarsene della politica, a sbattersi dieci ore al giorno davanti a Facebook. Loro: quelli dei “saperi minimi”, dei “debiti” scolastici che si sanano col minimo impegno, quelli dei quiz da quattro soldi; quelli stessi che adesso la menano con la “valutazione dei docenti” e la “qualità del sistema scolastico italiano”!

Continuate così, continuate a creder a ‘sta gente. Quella gente che quando si trova all’opposizione critica le scelte di chi governa e che poi, quando si trova a governare, lascia tutto esattamente come l’ha trovato.

Continuate a credere a queste persone, anche adesso.

Vi stanno dicendo che l’insegnante del vostro “bambino” ha troppi privilegi, rispetto a voi, rispetto al vostro duro lavoro quotidiano. Vi spiegano che bisogna farlo sgobbare di più e pagarlo di meno e non vi dicono che questo abbasserà ulteriormente la qualità di un lavoro già stressante e stressato, sempre più ridotto all’osso dai loro tagli, economici e culturali. Non vi dicono che dopo cinque o sei ore di seria e ininterrotta docenza il cervello fuma, le parole cominciano a mancare il bersaglio. Non ve lo dicono perché a loro non frega niente, e forse anche perché di queste cose non capiscono un’acca. Vedrete che performances saremo in grado di garantirvi, cari genitori, all’ottava ora della giornata! Vi hanno convinti che tutto ciò comporterà un risparmio enorme in termini di costi di supplenza, senza ammettere che le supplenze brevi non le fa quasi più nessuno, da anni. Classi abbandonate a loro stesse, o fatte uscire in anticipo, per ridurre le spese. E per quel che riguarda le supplenze lunghe, cosa dovrebbe mai cambiare? Pagare un precario o un insegnante di ruolo non dovrebbe essere la stessa cosa? E come la mettiamo con tutti quei laureati che da decenni aspettano una cattedra che non arriva mai, disposti a qualsiasi umiliazione pur di rimanere attaccati al carrozzone? Li prendono a settembre e li mollano a giugno. Quarantenni, cinquantenni, sessantenni, con figli e nipoti, che sperano un giorno di avere il loro posto in una scuola che li tratta con lo stesso rispetto con cui utilizza le proprie strutture. Gente che va in pensione prima di riuscire a entrare in ruolo; gente che ogni anno si mette in coda per lavorare e che se perde il giro un attimo resta fuori per sempre1.

Ma loro no: loro vi aizzano contro di noi. Vi dicono: basta coi privilegi ai professori! E ve lo dicono dall’alto dei loro scranni, del loro sistematico assenteismo in Parlamento, dei loro stipendi stellari, dei loro inciuci, dei loro panfili, delle loro multinazionali, delle loro tangenti, dei loro "PACS" (che però non permettono a tutti gli altri cittadini... giornalisti a parte, si capisce), delle loro televisioni, dei loro giornali, delle loro finanziarie, delle loro interminabili dinastie.

Furbissimi, voi! Bravi, sì. Prendetevela con noi, coi nostri milletrecento euro al mese, con le nostre auto scassate. Noi sì, noi davvero siamo i privilegiati. Che ci facciano stare a scuola anche d’estate senza saper bene cosa fare; che ce li facciano sudare ‘sti fiumi di denaro che finiscono nelle nostre tasche. Che ci costringano a correggere i compiti a scuola, dove mancano i locali per farlo, dove i computer si contano sulle punte delle dita di una mano se non si considerano quelli che non funzionano. Dove c’è sempre un motivo per cui il riscaldamento non funziona, la fotocopiatrice non si accende, la carta è finita.

Non scriverò nessuna lettera aperta a nessuno. Son così stufo di tutta questa ipocrisia.

Avete smesso di informarvi e di pensare; punto e basta. La scuola che ha formato voi e che sta formando i vostri figli ha raggiunto in pieno l’obiettivo. Ma la colpa di ciò non attribuitela a noi insegnanti. La scuola italiana è stata distrutta da chi l’ha ridisegnata in modo criminale negli ultimi vent’anni2. Da chi ha usato l’istruzione per render la gente sempre più manipolabile, sempre più succube del potere. Per derubare le persone di un’istituzione che in una società sana dovrebbe essere sacra. Per derubarle della loro Scuola.

Una scuola sempre più degenere, sempre più miserabile, giunta ormai al punto di indurre le sue stesse vittime a rivoltarlesi contro ed a pretenderne, a gran voce, la progressiva e inesorabile distruzione.

 

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