Quel "piccolo favore" di Niccolò V...

Pietro Ratto, 15 maggio 2016

8 gennaio 1454. Papa Niccolo V è preoccupato. Vuole ricompensare Alfonso V re del Portogallo per la sua disponibilità a partecipare all'ennesima crociata contro i Turchi. La crociata alla fine non si fa, perchè gli altri sovrani europei non se lo sognano proprio, nemmeno morti. Ma Alfonso si è detto pronto a partire, e bisogna rendergliene merito. Il Papa lo sa. Conosce bene le preoccupazioni dello zelante sovrano. Sa che non dorme di notte all'idea che qualcuno gli freghi l'Africa. Quella terra a cui tanto tiene. Quella terra che da tempo, ormai, sfrutta indisturbato.
Niccolò V, allora, promulga la sua Romanus Pontifex, che - ricordo a tutti - essendo frutto di una decisione pontificia, in virtù dell'infallibilità papale non potrà mai venir smentita. E che, quindi, è ancora in vigore. Ancora oggi.
Il papa scrive questa cosa. Che è la causa e l'inizio. L'inizio di tutti i mali di quel continente disgraziato. Del suo sfruttamento, della sua rovina, delle deportazioni, dei massacri. E giù, in fondo, nei secoli, fino a oggi. Fino alle Missioni, con cui la Chiesa si prodiga in aiuto di quelle stesse genti che un tempo ha condannato a morte. E fino a quelle sciagurate immigrazioni che cosi tanto ci infastidiscono. Che ci fanno discutere sui massimi (o minimissimi) sistemi. Che ci spingono a dare il peggio di noi.
Volete per caso leggerne un pezzo? Un pezzettino soltanto, di quello sciagurato documento?
Bene. Eccolo qui.

"... molti Guinei e altri negri catturati con forza, e altri ottenuti con permutazione di cose non proibite, o con altro legittimo contratto d’acquisto, furono inviati nel regno suddetto (Portogallo). Di questi un copioso numero si convertì alla fede cattolica, e si spera, favorente la divina clemenza, che se si continua tra loro un tale progresso, o questi popoli si convertiranno alla fede, o almeno le anime di molti di loro verranno acquistate a Cristo.
Come siamo stati informati, il re e l’infante suddetti - che con tanti pericoli, fatiche e spese, e con la perdita di sudditi, molti dei quali morirono in quelle spedizioni, e con solo l’aiuto di quei sudditi, fecero esplorare queste province, e conquistarono e possederono in tal modo suddetti porti, isole e mari, come veri signori di essi - hanno temuto che alcuni, condotti dalla cupidigia, possano navigare verso quelle parti, desiderosi di usurpare od ostacolare il compimento, il risultato e la lode di tale opera […]
Per impedire le suddette cose e per conservare il loro (del re e dell’infante) diritto e possesso, essi proibirono e stabilirono sotto gravissime pene che in generale nessuno, se non con propri (portoghesi) navi e marinai e pagando un certo tributo, e ottenuta una esplicita licenza concessa prima dagli stessi re ed infante, presuma di salpare verso le dette province, o di commerciare nei loro porti, o di pescare nel mare. Tuttavia nel tempo successivo potrebbe avvenire che persone di altri regni e nazioni, condotte da invidia, malizia e cupidigia, contro la suddetta proibizione, presumano, senza licenza e pagamento di tributo, di accedere alle dette province, e raggiunte tali province, porti, isole e mari, di navigare, commerciare e pescare, e dunque tra (loro e) il re Alfonso e l’infante, che in nessun modo si mostrerebbero sconfitti per loro, potrebbero conseguire e ne conseguiranno (di certo) grandi odi, rancori, dissensi, guerre e scandali, con massima offesa a Dio e pericolo delle anime […]
Perciò noi, […], poiché abbiamo concesso precedentemente con altre lettere nostre tra le altre cose, piena e completa facoltà al re Alfonso di invadere, ricercare, catturare, conquistare e soggiogare tutti i Saraceni e qualsiasi pagano e gli altri nemici di Cristo, ovunque essi vivano, insieme ai loro regni, ducati, principati, signorie, possedimenti e qualsiasi bene, mobile ed immobile, che sia di loro proprietà, e di gettarli in schiavitù perpetua e di occupare, appropriarsi e volgere ad uso e profitto proprio e dei loro successori tali regni, ducati, contee, principati, signorie, possedimenti e beni, in conseguenza della garanzia data dalla suddetta concessione il re Alfonso o il detto Infante a suo nome hanno legalmente e legittimamente occupato le isole, terre, porti ed acque e le hanno possedute e le posseggono, ed esse appartengono e sono proprietà “de iure” del medesimo re Alfonso e dei suoi successori; […] affinché l'infante e i suoi successori possano compiere e compiano questa pia e nobilissima opera, degna di essere ricordata in ogni tempo […] noi decretiamo e dichiariamo con autorità apostolica e per sicura conoscenza, per la pienezza del potere apostolico, che le suddette lettere di concessione, il cui contenuto vogliamo che sia osservato come se fosse incluso parola per parola nella presente (lettera), insieme a tutte e singole le clausole in esse contenute, siano estese a Ceuta (Africa) e ai predetti luoghi e a qualunque altro, anche se acquisito prima della facoltà data da suddette lettere, e a quelle province, isole, porti e mari, qualunque esse siano, che per l’avvenire siano strappate, in nome del detto re Alfonso e dei suoi successori e dell’infante, dalle mani degli infedeli o pagani in quelle e nelle regioni contigue e più lontane e remote. Noi decretiamo anche che per forza della facoltà di quelle e della presente lettera, i luoghi già acquisiti e quelli che lo saranno in futuro, dopo la loro acquisizione, spettino e appartengano in perpetuo di diritto al re Alfonso, ai suoi successori e all’infante, e che la conquista, che con queste lettere dichiariamo dai capi di Borador e Nam fino a tutta la Guinea, e cioè verso le coste meridionali, appartengono ed apparterranno in perpetuo a re Alfonso, ai suoi successori e all’infante, e a nessun altro".



Cfr. anche, a tal riguardo, P. Ratto, "La Storia dei vincitori e i suoi Miti", Dissensi, 2018

Cfr. anche a tal riguardo il video nella sezione La storia che non funziona

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