Il più grande Crimine
Paolo Barnard, 19 febbraio 2012
AVVERTENZA DELL'AUTORE
Questa è una inchiesta di rigore scientifico che si è avvalsa della consulenza di dodici economisti universitari internazionali. I loro nomi, le note e la bibliografia che attestano della serietà di questo saggio sono elencati in calce. Ma l’ho scritto in stile narrativo affinché chiunque la possa leggerlo e divulgarlo.
“Le elite sapevano che gli Stati a moneta sovrana avrebbero potuto creare la piena occupazione senza problemi, in tutto il mondo, ma ciò gli avrebbe sottratto il potere. Dovevamo soffrire”
Ecco Il Più Grande Crimine
E’ semplice da capire. Ci fu un giorno di non molti anni fa in cui finalmente, e dopo secoli di sangue versato e di immane impegno intellettuale, gli Stati abbracciarono due cose: la democrazia e la propria moneta sovrana moderna. Un connubio unico nella Storia, veramente mai prima esistito. Significava questo: che per la prima volta da sempre noi, tutti noi, avremmo potuto acquisire il controllo della ricchezza comune e stare bene, in economie socialmente benefiche e prospere. Ma questo non piacque a qualcuno, e fu la fine di quel sogno prima ancora che si avverasse.
Questo saggio vi parla del più grande crimine in Occidente dal secondo dopoguerra a oggi. Milioni di esseri umani e per generazioni furono fatti soffrire e ancora soffriranno per nulla. I dettagli e l’ampiezza della loro sofferenza sono impossibili da rendere in parole. Soffrirono e soffriranno per una decisione che fu presa a tavolino da pochi spregiudicati criminali, assistiti dai loro sicari intellettuali e politici. Essi sono all’opera ora, mentre leggete, e la spoliazione delle nostre vite va intensificandosi giorno dopo giorno, anno dopo anno.
La loro operazione su scala globale è definita, per gli scopi di questo saggio, come Il Piano Neoclassico, Neomercantile e Neoliberista. Sulla loro identità mi dilungherò fra poco, ma per ora posso dire che sto parlando dei leader dei maggiori istituti finanziari del mondo e delle corporations di stazza multinazionale, accompagnati da uno stuolo di fedeli pensatori economici e di tecnocrati. I politici, obbedienti, spesso li seguono a ruota. A volte li sentirete chiamare “gli investitori internazionali” che si riuniscono in alcuni club esclusivi come la Commissione Trilaterale, il Bilderberg, il World Economic Forum di Davos, l’Aspen Institute e altri. Sono coloro che il settimanale The Economist ha di recente chiamato “I Globocrati” (1).
Ma prima di vederli nel dettaglio, assieme alle loro organizzazioni, ai loro sponsor e ai particolari del loro piano decennale, vorrei offrire al lettore un’idea più precisa del danno che essi hanno inflitto (e che stanno infliggendo) a milioni di esseri umani qui, nel mondo occidentale. Lasciatemi dire semplicemente che almeno negli ultimi 40 anni il loro piano è stato la causa dei seguenti fenomeni (per nominarne solo alcuni):
- una gran parte della disoccupazione e sottoccupazione che abbiamo conosciuto - mantenute in vita senza che vi fosse un reale motivo, con le devastazioni sociali che ci hanno portato;
- la perenne mancanza di fondi per lo Stato Sociale, cioè dall’assistenza sanitaria alle pensioni minime e molto altro - con l’enorme espansione delle sacche di povertà urbana e le migliaia di morti anzitempo che abbiamo sofferto;
- la discriminazione nell’accesso all’istruzione migliore, dove solo i privilegiati hanno goduto di reali opportunità - con milioni di nostri giovani consegnati a un futuro minore e a una vita di frustrazioni;
- l’erosione dei diritti dei lavoratori e della forza contrattuale sindacale fino a livelli che sono pochi anni fa sarebbero apparsi inimmaginabili - che ci ha portato all’attuale gara al ribasso degli stipendi a fronte di uno sfruttamento sempre maggiore sul posto di lavoro, il tutto peggiorato dalla delocalizzazione dell’occupazione verso Paesi esteri;
- i drammi delle generazioni anziane, che sono state dipinte come i capri espiatori per l’Isteria da Deficit che ha travolto le nostre nazioni - facendo sì che milioni di nostri pensionati si sentano oggi responsabili per la carenza di mezzi finanziari disponibili per i giovani;
- l’impotenza in cui sono stati trascinati gli Stati, ai quali è stata sottratta la sovranità monetaria e legislativa, cui si aggiunge la messa al margine della cittadinanza. Il tutto mirato ad impedire alla maggioranza dei cittadini di beneficiare dei legittimi poteri degli Stati di creare per loro ricchezza - le tragiche conseguenze di ciò e l’incredibile successo di questa parte del piano Neoclassico, Neomercantile e Neoliberista vi saranno più chiari in seguito;
- le privatizzazioni selvagge, divenute una religione economica inattaccabile, che ha consegnato agli investitori internazionali enormi fette di beni pubblici a prezzi stracciati – e che ha consegnato anche interi popoli nelle mani di fornitori di servizi essenziali a caccia di profitti, con conseguenze spesso disastrose per il tessuto sociale;
- l’enorme espansione di un settore finanziario pericolosamente sotto regolamentato che oggi ha il potere di creare devastazioni in qualsiasi Stato, frodando milioni di persone e speculando su crisi economiche create a tavolino;
- l’attuale crisi finanziaria ed economica mondiale, che sta infliggendo immensi danni alle piccole e medie imprese, e di conseguenza a intere economie nazionali con masse di lavoratori a rischio, quando non già rovinati del tutto.
Quanto sopra descritto si è materializzato in un progetto di proporzioni storiche come pochi prima, architettato con un dispiegamento di mezzi impressionante, quasi impossibile da concepire per una mente comune, e con una finalità che toglie il respiro solo a considerarla:
La distruzione degli Stati a spesa sovrana, delle leggi, delle classi lavoratrici, e di ogni virgulto rimasto di democrazia partecipativa in tutto l’Occidente, per profitto.
Fu letteralmente deciso a tavolino, e ci sono riusciti. I sindacati non hanno mai saputo né capito nulla, poveracci loro, ancor più miseri i lavoratori.
A un livello personale, stiamo parlando di milioni di vite, sogni e speranze castrati o del tutto distrutti per sempre, qui, nel mondo occidentale. Ma vorremmo mettere subito in chiaro coi lettori che questa non è una teoria del complotto. Al contrario, i tratti più generici di questo crimine sono stati oggetto per decenni di libri, dibattiti e saggi, da parte di intellettuali, attivisti e movimenti assortiti. Ciò che invece non è mai stato reso noto, è questo:
A) CHE L’ATTUALE, APPARENTEMENTE INCONTRASTABILE POTERE DEI “GLOBOCRATI”, E L’IMMENSA SOFFERENZA CHE HA CAUSATO, SONO IL FRUTTO DI UNA STRATEGIA LUNGA 75 ANNI, COORDINATA, STRUTTURALE, E SOSTENUTA DA UN’IDEOLOGIA ECONOMICA PRECISA. E CHE NON SONO, COME SPESSO DICHIARATO, UNA ABERRAZONE DEL CAPITALISMO.
B) CHE ESISTE UNA DOTTRINA E FILOSOFIA ECONOMICA CHE AVREBBERO POTUTO EVITARE, E ANCORA OGGI POTREBBERO EVITARE, TUTTA QUELLA SOFFERENZA, CHE VIENE INVECE RAPPRESENTATA DALLA PROPAGANDA COME IL RISULTATO DI UNA SFORTUNATA NECESSITA’ DERIVANTE DALLE CRISI GLOBALI. NON LO E’ MAI STATA, ALMENO NEGLI SCORSI 40 ANNI. LA VERSIONE ODIERNA DI QUELLA DOTTRINA E FILOSOFIA ECONOMICA SI CHIAMA MODERN MONEY THEORY (dettagli in seguito).
C) CHE FU PRECISAMENTE PER DISATTIVARE QUELLA DOTTRINA E FILOSOFIA ECONOMICA CHE LE ELITE NEOCLASSICHE, NEOMERCANTILI E NEOLIBERISTE HANNO LOTTATO PER DECENNI, INFILTRANDO LA POLITICA, LE UNIVERSITA’ E I MEDIA.
D) CHE QUELLO CHE E’ STATO AGGREDITO, E FORSE COLPITO A MORTE, E’ L’ESSENZA STESSA DELLA DEMOCRAZIA, DEFINITA COME L’ESISTENZA DI STATI SOVRANI CHE USANO IL LORO POTERE DI CREARE RICCHEZZA PER IL BENEFICIO DEI CITTADINI
E) CHE LE MENTI DI QUESTO PIANO CRIMINOSO STANNO PROPRIO ORA SPINGENDO LE NOSTRE SOCIETA’ ED ECONOMIE SULL’ORLO DEL BARATRO PER SOLI MOTIVI DI PROFITTO, CON CONSEGUENZE DRAMMATICHE. DEVONO ESSERE FERMATI CON UNO SFORZO PER AVVERTIRE IL PUBBLICO, CHE DOVRA’ CHIEDERNE CONTO AI POLITICI.
Ciò che segue è un saggio su un piano che ha fermato più di duecento anni di progressi democratici e sociali in occidente e che ha aperto la strada al ritorno a un potere quasi assoluto delle elite finanziarie e grandi industriali. Ignorare il piano Neoclassico, Neomercantile e Neoliberista significa in primo luogo non capire la realtà occidentale odierna. Significa non capire nulla di ciò che guida la mano di governi, l’italiano incluso, totalmente in ostaggio delle elite. Significa infine non poter far nulla per combattere le scandalose ingiustizie odierne, ma soprattutto auto destinarci a decenni di ulteriori, inutili sofferenze nella vita reale di milioni di famiglie comuni.
Nota: come leggere questo saggio
Troverete qui una PARTE TECNICA. Essa sarebbe necessaria per comprendere a fondo quali erano le esatte potenzialità dello Stato a moneta sovrana nel tutelare i suoi cittadini a scapito delle elite, le quali proprio per distruggere quelle potenzialità hanno pianificato per 75 anni quanto descriverò di seguito. Ma chi è solo interessato al Più Grande Crimine che questo saggio rivela, può saltare la PARTE TECNICA. Ma sappiate che troverete difficile capire come fu perpetrato.
“Da una parte stiamo riducendo il potere dello Stato e del settore pubblico con le privatizzazioni e la deregulation (…) Dall’altra stiamo trasferendo molti dei poteri nazionali degli Stati a una struttura più moderna a livello europeo che aiuta i business internazionali come il nostro” (dichiarazione della lobby finanziaria ERT alla Commissione Trilaterale nel 2000)
Il Più Grande Crimine, la storia nei dettagli
(Si ricorda ai lettori che alcuni punti chiave di questo racconto saranno incomprensibili se non si è prima visto quanto spiegato nei capitoli precedenti)
Conobbi Antonio in un corridoio del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano nel 2000. Abruzzese, settantadue anni, assisteva la moglie morente che aveva accettato un’ultima chemioterapia azzardatissima. Antonio parlava con voce afona ma non monocorde, anzi, ti portava con lui nel racconto, noi stavamo seduti su una panca, i suoi gomiti appoggiati sulle ginocchia, la testa bassa che solo di rado si girava per guardarmi. Era stato un bell’uomo, io non vidi mai la sua sposa. Ricordo bene tre momenti di quello scambio. Lui aveva mille volte pregato la moglie di non andare a lavorare, per i figli soprattutto, ma a pensarci oggi, diceva, era una premonizione la sua. La donna infatti accettò un posto da operaia in un capannone che assemblava, tagliandoli, dei lastroni pensanti. Amianto. Ma era il 1971, chi lo sapeva? Se solo lei l’avesse ascoltato, mi disse Antonio, ma lei sognava il boom economico, non avevano la lavatrice in casa, i bambini non vestivano come gli altri a scuola, ci voleva quello stipendio in più, era quel sogno, capite? La seconda cosa che mi è rimasta fu la descrizione di come lui, operaio a Torino, affittava un posto letto assieme ad altri due, un unico posto letto, perché uno ci dormiva la mattina, l’altro il pomeriggio, e l’ultimo la notte, a seconda dei turni. Spesso uno dei tre doveva stare sveglio per forza. La terza cosa: è un grido sordo ma tremendo che sentivo dentro, che mi scuoteva la testa, perché non è giusto, perché è ignobile che un sogno così modesto e legittimo si debba pagare con la vita e con così tanta sofferenza. Non solo quella di oggi, ma anche quella di allora, cioè tutti quei giorni unici e irripetibili in cui quei due innamorati furono costretti a sentirsi da una cabina telefonica se andava bene, e dove ciascuno la notte dormiva solo, mai un bacio, mai far l’amore, mai quella voce lì accanto pronta a sorreggerti quando c’era bisogno. E quei bambini senza padre, che dovevano fare i conti persino con le merende. Quei bimbi che futuro hanno avuto in quelle condizioni?
Sono milioni, furono milioni. In Italia, in Francia, in Belgio, in Gran Bretagna, ovunque, anche nel mondo ricco. La donna di Cockfosters, a Londra, che raccolsi in mezzo alla strada lungo la Mount Pleasant perché stava collassando dal pianto, metà volto tumefatto dai pugni di qualcuno. L’accompagnai in banca, e dovetti assistere alla scena forse più straziante che ricordi in tempo di pace. Lei che supplicava un semplice cassiere di estenderle lo scoperto del conto. Lui in imbarazzo sotto i singhiozzi di lei sempre più insopportabili da udire. La fecero scortare fuori. Il marito disoccupato da tre anni e alcolizzato la picchiava. Lei ora doveva tornare da lui. Balbettai di rivolgersi ai servizi sociali… stolto, erano gli anni di Margaret Thatcher, i servizi languivano dalla fame essi stessi. Immaginare cosa sarebbe stato per lei rientrare in casa mi era disgustoso; offrii di accompagnarla, mi disse che era inutile, tanto poche ore dopo sarebbe comunque accaduto. “Abito qui al 119, se hai bisogno vieni a bussare”, aggiunsi io a quel punto, il suo appartamento nelle Council Houses pubbliche era a pochi passi, ma nell’anima sperai con tutto me stesso che non accadesse mai. Chi attende con animo disinvolto la visione dell’orrore? Non so che fine abbia fatto.
Sono milioni, furono milioni. Vissero così e vivono oggi così non per destino di natura, ma per una decisione presa a tavolino da coloro che fra poco conoscerete. Dovevano soffrire, devono soffrire, a milioni, perché dovevano vivere nel bisogno, nella carenza istituzionalizzata, dovevano lavorare come schiavi, avvelenarsi il vivere e consumarsi nell’invidia dei privilegiati. Poi morire. Così li avrebbero neutralizzati. Fosse anche per le poche vite citate qui sopra, i mandanti di un simile crimine, nella realtà esteso a tutto il mondo occidentale, dovrebbero essere processati in una nuova Norimberga. Ma ciò che hanno ordito è persino peggiore di quanto vi ho appena accennato. E’ di sicuro il Più Grande Crimine dal dopoguerra a oggi in Occidente. Eccolo.
Il Tridente che aveva cambiato la Storia
Se un adolescente mi chiedesse qual è la differenza più marcata fra il mondo antico e quello moderno, gli risponderei ben lontano dalle ovvietà come la tecnologia. Gli direi che la differenza cruciale, quella che ha maggiori conseguenze oggi, è che nel mondo antico il Vero Potere non doveva nascondersi. Oggi invece il Vero Potere è occulto, quasi nessuno lo conosce, deve nascondersi. Luigi XIV, Richelieu, il Metternich o la Regina Vittoria erano alla luce del sole, i loro imperi e posizioni erano conosciuti, le loro decisioni venivano enunciate a gran voce. Ti opponevi? Bastavano truppe e baionette, camere di tortura e corde saponate, la Cayenna, o le colonie penali negli oceani, e via, sparivi, sparivano in cento, mille alla volta. Ma non v’era neppure così tanto bisogno di usare la violenza, semplicemente perché il popolo manco osava immaginare di poter scalfire il Vero Potere. Esso era alla luce del sole.
Nell’epoca contemporanea, invece, il Vero Potere sta nascosto, e ciò che tutti noi abbiamo memorizzato come il potere - cioè la politica nazionale, gli amministratori, i magistrati, le caste professionali e persino le mafie – sono solo il ‘Cortiletto del potere’, vale a dire una rappresentazione fittizia del potere che il Vero Potere ci mette davanti agli occhi affinché tutti noi guardiamo ossessivamente da quella parte e non dalla sua. Lui, il Vero Potere, deve operare indisturbato nel silenzio. In metafora, ciò che siamo abituati a riconoscere come il potere non sono altro che i fuochi fatui, la massa putrescente sta sotto terra, occulta. Ma attenzione, perché quanto appena detto ha anche implicazioni cruciali per tutta la sfera della lotta civica, in particolare per l’annosa domanda che tutti ci poniamo dopo essere venuti a conoscenza di uno scandalo o di un misfatto: “E cosa possiamo farci?”. Perché risulta lampante che se tutti voi nell’intento di combattere il Sistema venite da decenni dirottati contro un falso potere, contro un potere da quattro soldi che nasconde dietro di sé il Vero Potere, cosa mai otterrete? Vanno conosciute le Vere fonti del Potere innanzi tutto, e questo scritto serve anche a ciò.
Ma veniamo al motivo per cui il Vero Potere oggi si nasconde.
Si parlava dei potentati assolutistici dell’era antica. Sappiamo tutti che a un certo punto della Storia le idee di un nugolo di uomini ‘illuminati’ scalfirono quello stato di fatto millenario, lentamente, ma accadde. Non tante idee, solo tre fondamentali: vi sarebbe dovuto essere uno Stato, un popolo che lo legittimava con libera scelta, e dalle leggi che esso promulgava nel nome del medesimo popolo. Tutto qui. Tre idee. Stato, leggi e popolo coordinati. Un Tridente, proprio un’arma con cui ricacciare nel dimenticatoio della Storia migliaia di anni di dominio assoluto di poche elites su popoli marginalizzati senza speranza. E quell’arma era potentissima, la più potente arma mai ideata dell’essere umano, perché si badi bene che non v’è nulla al mondo che uno Stato con le sue regole legittimate da una maggioranza non possa cambiare, distruggere, fermare, contenere. Nulla in assoluto. Sto parlando della nascita delle democrazie partecipative, quelle in cui i cittadini partecipavano in numeri variabili, ma talvolta consistenti, alla vita pubblica.
E accadde così che per almeno duecento cinquant’anni il Vero Potere arretrò di fronte a quelle idee, lento ma inesorabilmente, con pause anche devastanti come le grandi guerre, ma furono solo pause. Si arrivò in tal modo all’alba del XX secolo, il centennio che vedrà il potere del Tridente arrivare al suo culmine intorno agli anni ’70. A quel punto il trionfo di Stati, leggi e popoli partecipativi aveva ormai costretto il Vero Potere a nascondersi del tutto. Non era infatti immaginabile che nella modernità una voce oligarchica con fini di egemonia, di distruzione del bene comune e della cittadinanza potesse ancora solcare la vita pubblica e reclamare arrogante ricchezza e privilegi.
Ma già all’inizio di quel secolo, qualcuno aveva iniziato a tramare un cambiamento di proporzioni epocali: niente meno che la rivincita delle elites di potere per ricacciare a loro volta Stati, leggi e popoli nel dimenticatoio della Storia. Cioè, distruggere La Gallina dalle Uova D’Oro che eravamo sul punto di possedere al culmine di 250 anni di lotte sociali che trovarono il loro apice negli anni ‘70.
La Gallina dalle Uova D’Oro
C’è qualcosa al mondo che può opporsi alle leggi degli Stati Sovrani democraticamente legittimati dai loro cittadini? No, nulla può, neppure la più potente elite privata. E cosa sarebbe accaduto se questi Stati avessero acquisto i mezzi economici per arricchire la maggioranza dei propri cittadini con, di nuovo, pochissime limitazioni di spesa? Semplice: la fetta maggiore della ricchezza di quegli Stati sarebbe caduta nelle mani dei loro elettori, e non sarebbe mai più stata posseduta invece dalle elite private di quelle nazioni. In altre parole, le elite avrebbero perduto il controllo di una colossale ricchezza, per sempre.
Chiediamoci: c’è mai stata un’epoca in cui gli Stati e i popoli possedettero mezzi economici così straordinari? Sì, ci fu. Formalmente tale epoca iniziò nel 1971, quando una decisione unilaterale del presidente americano Nixon mutò radicalmente il sistema monetario internazionale introducendo la Moneta Moderna nelle nazioni occidentali. La Moneta Moderna si chiama FIAT (dal latino), ed è definita come moneta sovrana*, floating e non convertibile che lo Stato semplicemente emette dal nulla. Come ci viene spiegato dalla scuola di economia della Modern Money Theory (MMT) guidata dal Prof. L. Randall Wray (2), queste monete davano allo Stato un potere senza precedenti di iniettare ricchezza finanziaria al netto nel settore non governativo (cittadini + aziende) quasi senza limiti. In altre parole: il governo poteva spendere a Deficit inventandosi il denaro, e nel fare ciò avrebbe reso più ricco chi lo riceveva (accreditando i conti correnti dei cittadini e delle imprese che gli vendevano beni e servizi). Ma veramente più ricchi, cioè più ricchi al netto. Infatti si trattava di denaro nuovo che veniva creato dal governo e guadagnato dai sopraccitati. Perché si deve capire che il denaro che circola nel settore non governativo (cittadini e aziende) non è mai denaro nuovo, ma solo denaro che qualcuno spende e che altri guadagnano; denaro che cambia di mano, basta. Oppure è denaro creato dalle banche ma che ha sempre un corrispettivo debito di qualcuno che ne annulla il valore (la banca crea 10 e me li presta, ma io sono in debito di 10, per cui al netto nella società non c’è nulla). Dunque i governi che usavano la Moneta Moderna potevano spendere a Deficit in questo modo virtuoso, che appunto aggiunge denaro nuovo al netto nella società. Questa spesa si chiama Spesa a Deficit Positiva (leggere assolutamente la nota ** sotto). Essa poteva finanziare la piena occupazione, il pieno Stato sociale, la piena istruzione, migliori infrastrutture, la crescita produttiva. Il tutto a favore dei cittadini e senza pericolo di inflazione, per via dell’aumento parallelo di beni prodotti a causa di quei finanziamenti, né pericolo di eccessivo indebitamento dello Stato (la spiegazione di scienza economica a sostegno di queste affermazioni è nella Part Tecnica). Di nuovo: ciò avrebbe creato strutture sociali dove lo Stato attribuiva grandi quantità di ricchezza finanziaria alla maggioranza (a scapito delle elite), e dove i lavoratori e i cittadini sarebbero divenuti entità forti con poteri contrattuali elevati, poiché, come ha scritto l’economista libanese Joseph Halevi “la vera piena occupazione dà potere; la deflazione, la disoccupazione e i lavoretti precari rendono impotenti” (3).
Tutto ciò sarebbe stato la Gallina dalle Uova d’Oro per noi gente comune, perché, ripetiamolo, nulla può fermare le regole fatte da uno Stato sovrano legittimato dai suoi elettori.
Le elite non potevano permettere che ciò accadesse, ed agirono di conseguenza.
* Ricordo ai lettori una distinzione cruciale. Quando in questo saggio troverete la definizione ‘moneta sovrana’, sappiate che mi riferisco a qualsiasi moneta moderna che:
a) è di proprietà dello Stato che la emette, quindi è SOVRANA.
b) Stato e Banche non promettono più di convertirla in oro o altri beni concreti su richiesta del cittadino (ma rimane cambiabile in altre valute per andare in ferie ad es.), quindi è NON CONVERTIBILE.
c) le autorità non promettono più di cambiarla a un tasso fisso con altre monete forti (ad es. 1 pesos argentino era cambiato fisso con 1 dollaro USA), quindi è FLOATING.
Riassumendo, la moneta moderna (FIAT) di cui si parla DEVE essere sovrana, non convertibile e floating, se no NON può essere usata per gli scopi di arricchimento pubblici sopra descritti.
Il dollaro è moneta sovrana, così la sterlina, così lo yen giapponese, e altre. Tutta Europa, fino al gennaio 2002, ancora possedeva monete sovrane (marco, franco, lira ecc.), che sono poi scomparse con l’avvento (sciagurato) dell’Euro, che… non è di proprietà di nessuno Stato. Questo fatto ha cambiato in modo radicale tutte le regole classiche della funzione monetaria ed economica nell’Europa dei 17 Paesi aderenti alla moneta unica. Al punto che purtroppo lungo tutta questa trattazione dovremo sempre pensare con due menti, una che considera gli Stati con moneta sovrana, e una che considera quelli dell’euro. Capirete meglio dopo.
** Prima di continuare, è inoltre essenziale che sia compresa la differenza fra Spesa a Deficit Positiva e Spesa a Deficit Negativa. Infatti, ciò che le elite di cui trattiamo hanno attaccato è la Spesa a Deficit Positiva, proprio perché essa arricchisce la gente comune e le piccole/medie aziende. Quando si parla di Spesa a Deficit Negativa, beh, il loro atteggiamento è a dir poco ipocrita, come capirete fra un attimo. Ma ora chiariamo la differenza fra i due tipi di deficit. La teoria economica MMT definisce come deficit positivo la spesa dello Stato che mira a creare piena occupazione, pieno Stato Sociale, piena istruzione, buone infrastrutture e aumento di produttività. Tutto questo causa un circolo virtuoso di spesa che non solo arricchirà il settore non governativo (la gente + aziende), ma che finisce per ripagarsi da solo. Certo, perché causerebbe una diminuzione della spesa per i costosissimi ammortizzatori sociali, per i danni della disoccupazione e sottoccupazione nel tessuto sociale (alcolismo, criminalità…), e per il salvataggio di banche al collasso e molto altro; tutto ciò appunto andrebbe a ridurre il deficit dello Stato. Ma c’è di più, perché la Spesa a Deficit Positiva aumenta allo stesso tempo le entrate dello Stato, poiché la maggior ricchezza che circola fra i cittadini significa maggiori redditi e dunque maggiori entrate del fisco (anche senza aumentare le aliquote). Ancora: aumenta la produttività di beni nazionali, dunque minor necessità di importarli pagandoli spesso prezzi alti, e questo va a correggere la bilancia dei pagamenti in positivo; poi la Spesa a Deficit Positiva rende il Paese più competitivo, e quindi attira investimenti stranieri, e con loro l’entrata di valute forti. In ultimo, la Spesa a Deficit Positiva controlla anche l’inflazione, grazie all’aumento di produttività che mantiene sotto controllo la massa di moneta circolante.
Ma al contrario, la Spesa a Deficit Negativa è un disastro. Essa spesso deriva paradossalmente proprio dall’accanimento delle elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste nel pretendere che gli Stati riducano i deficit. Poiché quando uno Stato è costretto dal quell’accanimento a tagliare la Spesa a Deficit Positiva, immediatamente tutto il settore non governativo si impoverisce. Questo lo costringe a cadere in un circolo vizioso di deflazione economica, che significa meno consumi, che significano meno vendite per le aziende, che quindi licenzieranno e precarizzeranno. Ciò costringerà lo Stato ad aumentare la spesa per gli ammortizzatori sociali descritti sopra, mentre contemporaneamente diminuiscono le sue entrate attraverso un calo del gettito fiscale e degli investimenti stranieri. Ma vi sarà anche una perdita di fiducia in quello Stato da parte dei mercati, con altre conseguenze economiche negative o drammatiche.
Si badi bene. Anche se, sulla carta, le elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste condannano ogni forma di deficit, in realtà esse ipocritamente ci nascondono che l’unico deficit negativo è proprio quello che deriva dalle loro rigide prescrizioni economiche, che oggi tutti i governi seguono alla lettera.
Come si diceva, agli inizia degli anni ’70 le immense potenzialità sociali della Spesa a Deficit Positiva fecero capolino in alcuni Paesi avanzati, causando il panico nelle elite del potere finanziario e grande industriale. Era questo il periodo in cui le idee partorite dagli Illuministi e sviluppate molto oltre sembravano dover raggiungere il pieno successo, sostenute da un consenso popolare in continua crescita. Alle elite apparve chiaro che gli Stati democratici si stavano rapidamente avvicinando al momento in cui avrebbero potuto veramente controllare la maggior parte della ricchezza mondiale (in realtà, e come vedremo, questa consapevolezza già preoccupava le elite negli anni ’30). Un simile sviluppo era per loro inaccettabile, e per questo motivo i “Globocrati” decisero di agire. Il loro piano si articolò in quattro direzioni:
1) Il potere di spesa sovrana degli Stati doveva essere distrutto, assieme alla loro facoltà di usare tale potere per fini sociali e per dar forza alla cittadinanza. Parola d’ordine: distruggere la Spesa a Deficit Positiva.
2) Anche la sovranità legislativa degli Stati doveva essere limitata, per evitare che essi cementassero in leggi inattaccabili la Spesa a Deficit Positiva per il beneficio dei cittadini.
3) Gli stessi cittadini dovevano essere messi da parte, resi apatici ed incapaci di opporsi al potere, e ancor meno di capire le potenzialità sociali della Spesa a Deficit Positiva dei loro Stati sovrani.
4) In ultimo, dalle ceneri di intere nazioni disabilitate dal successo del loro piano, le elite avrebbero ricavato non solo il controllo della fetta maggiore della ricchezza mondiale, ma anche super profitti in finanza ed export.
In altre parole: la nostra Gallina dalle Uova d’Oro doveva essere del tutto distrutta. E lo fecero.
Le idee
Sono le idee che permettono l’ottenimento del potere, in questo caso la sua riconquista. Le elite si armarono dunque di una serie di idee sofisticate. Forse non vi sarà chiaro da subito, ma i concetti che seguono stanno alla radice di ogni singolo male sociale ed economico che ci affligge da almeno quarant’anni. Le più rilevanti fra queste idee furono:
IL DENARO NON DOVREBBE FIGURARE COME STRUMENTO CENTRALE PER IL FUNZIONAMENTO DELLE ECONOMIE.
Presero in prestito questo dogma dal lavoro degli economisti Neoclassici, quelli che sostenevano che il Mercato avrebbe sempre fornito l’equilibrio perfetto di domanda e offerta di beni, e che avrebbe perciò sempre stabilito il prezzo giusto per ogni cosa. Il denaro non figurava nel loro modello. Ma notate che anche qualcos’altro non figura in questo modello: lo Stato e il suo potere di gestire una politica monetaria. Non per nulla. Era il sogno delle elite: lo Stato tolto di mezzo, e il loro Mercato come governo supremo di tutta la vita economica. Spinsero questa idea al punto da creare uno stereotipo che definì gli Stati, o più precisamente i governi, come qualcosa di ingombrante piantato nel mezzo di una macchina perfettamente funzionante che avrebbe beneficato tutti: il Mercato. E’ da ciò che l’attuale mantra di ridurre le dimensioni dei governi prese origine, per essere poi raccolto da altri lungo la via. Gli accademici che prestarono queste idee alle elite furono: Dennis H. Robertson, Gerard Debreu, Kenneth Arrow, Frank Hahn e i pensatori politici Neoliberisti in generale.
Un’altra idea che le elite adottarono con vigore fu che
I RISPARMI DEVONO SEMPRE VENIRE PRIMA DEGLI INVESTIMENTI, E MAI VICE VERSA.
Il padre di questa regola fu l’economista inglese David Ricardo (1772-1823). Tradotta in pensiero moderno, essa fornì il razionale per l’attacco delle elite contro la spesa dello Stato per il beneficio dei cittadini. Infatti esse argomentarono che
IL BILANCIO DEGLI STATI E’ PROPRIO COME QUELLO DELLE FAMIGLIE, E, PROPRIO COME FANNO LE FAMIGLIE SAGGE, ANCHE GLI STATI DEVONO GUADAGNARE DI PIU’ DI QUELLO CHE SPENDONO. DOVRANNO SEMPRE PRIMA GUADAGNARE (RISPARMIARE), E SOLO DOPO SPENDERE (INVESTIRE).
Questo semplice teorema economico è dotato di una straordinaria efficacia perché è logico e ha convinto tutti, dal pubblico ai politici. Peccato che fosse tutto sbagliato, specialmente da un punto di vista contabile: una famiglia deve risparmiare più di quanto spende semplicemente perché non può creare il proprio denaro; lo deve guadagnare o prendere in prestito, e dunque sarà meglio che la famiglie metta da parte un gruzzolo prima di spendere e che non si indebiti troppo. Ma uno Stato a moneta sovrana non ha nessuno di questi problemi, esso crea il proprio denaro dal nulla e in realtà deve spendere più di quanto incassi tassando se vuole arricchire i cittadini e le aziende, come già spiegato prima. Eppure nonostante questa verità contabile, il mito che “lo Stato è come una famiglia” si sparse come un virus. Ecco come nacque il mantra di dover sempre pareggiare i bilanci, di mai spendere a deficit, di tagliare la spesa dello Stato. Ecco come è nata l’odierna Isteria da Deficit, e naturalmente tutto ciò ha giocato a favore delle elite poiché paralizzò intellettualmente i governi e gli impedì di spendere a deficit tanto quanto necessario per arricchire e tutelare il pubblico.
E se a questi paradigmi aggiungiamo l’odierna falsificazione su cosa siano le tasse, le cose peggiorano ulteriormente. Infatti in coppia con l’inganno de “Lo Stato deve spendere come fa una famiglia”, giunse l’altra menzogna secondo cui le tasse sono denaro che lo Stato raccoglie dai cittadini per poterlo poi spendere (sanità, scuola, pensioni…). Questo, con moneta sovrana, è falso. Le ragioni sono complesse (4) e le abbiamo viste nella Parte Tecnica, ma vi basti sapere che un governo con moneta sovrana crea il denaro apponendo firme a pezzi di carta (banconote/titoli di Stato) oppure a trasferimenti di denaro elettronico. Può mai esaurire le proprie firme? Ha per caso bisogno di tassare la gente per riprendersi indietro quelle firme che può creare a piacimento? Ovviamente no. Deve solo stare attendo a non emettere troppo denaro perché potrebbe causare inflazione, ma di certo non ha bisogno di venire a prenderselo bussando alla nostra porta (le tasse). Ma attenzione, perché una cosa le tasse fanno di sicuro: esse fanno calare i conti correnti dei cittadini. E ora mettiamo insieme le due mistificazioni di cui sopra, cioè “Lo Stato deve guadagnare più di quanto spenda” (dunque deve tassare i nostri conti correnti più di quanto li accrediti) e “le tasse sono denaro che lo Stato raccoglie dai cittadini per poter poi spendere” (e di nuovo deve pescare dai nostri conti correnti)… Non ci vuole un genio per capire che questa è la strada più breve per impoverire milioni di contribuenti/cittadini/aziende, e la strada certa per strangolare la Spesa a Deficit Positiva che si basa proprio sullo Stato che spenda di più di quanto ci tassi.
Peccato che ciò abbia piagato le vite di milioni di persone comuni e di lavoratori, di piccole e medie aziende, aggredendone i diritti sociali e la sopravvivenza economica, che dipendevano proprio dalla Spesa a Deficit Positiva per essere tutelati. Infatti questa ideologia che ha reso peccato mortale qualsiasi spesa a deficit per lo Stato sociale e per la piena occupazione è lo strumento fondamentale del piano delle elite di cui tratta questo saggio. La deflazione dei diritti e degli stipendi di chi lavora, la dilagante disoccupazione e sottoccupazione che abbiamo oggi sotto gli occhi, sono il risultato di questa serie di principi. I maggiori predicatori moderni di “Lo Stato deve spendere come fa una famiglia” e della Isteria da Deficit sono stati gli economisti Robert Lucas, Tom Sargent, Neil Wallace (scuola New Classical), Jude Wanniski, George Gilder (Supply Siders), Greg Mankiw (New Keynesian conservatore), Carmen Reinhart and Kenneth Rogoff, ma naturalmente vi hanno aderito quasi tutti gli economisti e i politici.
Di seguito venne un’altra idea fondamentale:
L’INFLAZIONE, CHE E’ L’INCUBO DI TUTTE LE ECONOMIE, PUO’ ESSERE LIMITATA CONTROLLANDO L’EMISSIONE DI DENARO ED EVITANDO LA PIENA OCCUPAZIONE.
Il primo concetto può apparire in teoria come plausibile, il secondo un po’ meno. Tuttavia Milton Friedman, assieme alla sue nota Scuola di economia di Chicago e ai colleghi Carl Brunner e Alan Greenspan, diffuse queste idea con, di nuovo, un fine preciso: impedire ai governi di usare liberamente la loro emissione di denaro sovrano per una Spesa a Deficit Positiva che creasse la piena occupazione. Questi economisti ignorarono, convenientemente, i benefici comprovati dei deficit positivi e della piena occupazione e il fatto che anche in loro presenza si può controllare l’inflazione in diversi modi (5). Perciò ottenerono che i lavoratori non fossero mai posti in una condizione di forte potere contrattuale con una occupazione piena, stabile e con buoni salari.
Di conseguenza, e poiché uno dei target da colpire nella riscossa delle elite erano proprio i lavoratori moderni e i loro diritti avanzati, dovettero ripescare dal passato un altro dogma economico sacro:
ABBASSANDO GLI STIPENDI SI OTTIENE LA PIENA OCCUPAZIONE.
Questa è una delle teorie economiche più devastanti che le elite riuscirono a imporre ai vari livelli di governo in tutto il mondo. Fu proposta in origine dall’economista A. Cecil Pigou nei primi del novecento, ma fu poi ripresa in era moderna da altri suoi colleghi come Gerard Debreu, Kenneth Arrow, Frank Hahn della scuola Neoclassica, e poi dalla scuola Austriaca di Ludwig Von Mises e Friedrich Hayek, dai New Keynesians come Greg Mankiw, e dagli strateghi Neoliberisti, fra cui gli italiani Alesina, Stagnaro, Mingardi, Savona e altri. Tutti costoro argomentarono che un’azienda assumerà più facilmente i lavoratori se potrà abbassare il costo dei salari. Ma ciò ignora di proposito uno dei più noti paradigmi economici, che dimostra che se si abbassano i salari si abbasserà anche il livello dei consumi degli stipendiati e questo ridurrà le vendite delle aziende con il crollo dei loro profitti, che di conseguenza causerà licenziamenti e cassa integrazione. Cioè l’esatto opposto di ciò che questi economisti prevedevano che sarebbe accaduto. Ma allora, erano così stupidi da non capirlo? Ovvio che no. Non dimentichiamoci che le elite di cui parliamo in questo saggio appartengono soprattutto al settore mega-industriale e ai giganti finanziari internazionali. A costoro importa nulla del destino delle piccole e medie aziende, e al contrario sono ben felici di pescare in una massa enorme di disoccupati e sottoccupati alla disperazione e dunque pronti ad accettare qualsiasi stipendio pur di lavorare. Questi sfortunati formano una nuova “armata di riserva dei disoccupati” (Marx) che permette alle elite di produrre a costi stracciati anche qui nelle nazioni ricche e quindi di poter competere sui mercati dell’export internazionale. E’ proprio questo l’elemento Neomercantile del piano, è questo che si intende per Neomercantilismo. Infine, e ci si arriva facilmente, è chiaro che il dogma di abbassare gli stipendi costituisce di nuovo un altro impedimento per i governi che avrebbero voluto applicare la Spesa a Deficit Positiva per ottenere la piena occupazione e stabilire in tal modo standard più alti per i salari minimi.
Come già accennato, uno dei target più complessi che le elite dovevano colpire e controllare era il potere legislativo degli Stati sovrani (quelli occidentali, poiché il pieno controllo del Terzo Mondo non era un problema). In ciò le differenze fra USA ed Europa erano cruciali. Gli Stati Uniti presentava un singolo governo con un’autorità economica centrale, mentre la UE era un conglomerato di genti e culture diverse, e di governi spesso assai litigiosi fra di loro. Cioè assai più complesso da controllare e sfruttare. Il processo di colonizzazione dell’America politica attraverso le idee sopraccitate poteva avvenire (ed avvenne) per mezzo di uno sforzo lobbistico e finanziario coordinato su larga scala. Un identico tentativo fu ritenuto troppo complicato e dispendioso se applicato all’Europa. Per cui questa è l’idea con cui agirono:
CI SARA’ UN’EUROPA UNITA GOVERNATA DA FUNZIONARI NON ELETTI E CONTROLLATI DA UNA RETE DI LOBBY FINANZIARIE E INDUSTRIALI. QUESTI FUNZIONARI NON ELETTI EMETTERANNO LEGGI CON POTERE SOVRANAZIONALE IN MODO DA SOTTRARRE IL POTERE REALE AI PARLAMENTI NAZIONALI. QUESTA NUOVA EUROPA SARA’ DOTATA DI UNA UNIONE MONETARIA TOTALMENTE FUORI DAL CONTROLLO DEI GOVERNI SOVRANI E PRIVA DI UN’AUTORITA’ ECONOMICA CENTRALE.
Questa truffa fu ‘venduta’ agli elettori europei come un passo verso un futuro economico più brillante e un’Europa più civile. Nella UE la creazione dei trattati di Maastricht e di Lisbona – ratificati in legge nazionale da tutti gli Stati – ne ha di fatto abolito la sovranità legislativa. L’Europa vive oggi l’assurdo paradosso di avere una Commissione Europea potentissima che governa tutti con le sue direttive sovranazionali ma che nessun europeo elegge; e un parlamento europeo che è invece eletto dai cittadini ma che non può proporre le leggi (sic). I parlamenti nazionali sono di fatto evirati poiché i Trattati stabiliscono specificamente la supremazia delle leggi UE sia sulle leggi nazionali che sulle Costituzioni (6). Un’analisi di quei Trattati dimostra senza dubbio che l’intero edificio fu creato per il beneficio delle elite finanziarie e grandi industriali, senza alcun capitolo sociale o sistema di ridistribuzione della ricchezza. La sovranità monetaria è distrutta dai Trattati, in accordo con le intenzioni originarie delle elite di impedire agli Stati di operare la Spesa a Deficit Positiva a favore dei cittadini. Nella UE ciò è stato ottenuto con l’introduzione dell’Euro, che è una moneta non sovrana emessa da 17 banche centrali e che deve essere presa in prestito da tutti i 17 governi dell’Eurozona. In prestito da chi? Dai mercati di capitali privati che direttamente acquisiscono l’Euro alla sua emissione. Ciò limita le prerogative economiche degli Stati quasi totalmente, con le conseguenze catastrofiche che oggi stiamo subendo (maggiori dettagli nel saggio). E’ qui che i potentissimi tecnocrati del Vecchio Continente giocarono un ruolo fondamentale nel tutelare gli interessi delle elite. I più noti fra loro sono stati: i francesi Jean Monnet, Robert Schuman, Francois Perroux, Jaques Attali, Jaques Delors, Francois Mitterrand, Valery Giscard D’Estaing, Jean Claude Trichet; gli italiani Giuliano Amato, Romano Prodi, Mario Draghi, Carlo A. Ciampi, Carlo Scognamiglio, Mario Monti, Tommaso Padoa-Schioppa, Marco Buti; in Germania Helmut Schmidt, Otmar Issing, Theo Weigel, Helmut Kohl; l’olandese Wim Duisenberg; and in Lussemburgo Jean Claude Juncker.
In conclusione possiamo vedere chiaramente che c’è un singolo elemento comune a tutte queste idee e dogmi economici: limitare le politiche economiche degli Stati al fine di impedirgli di operare la Spesa a Deficit Positiva a favore del settore non governativo dei lavoratori, delle piccole e medie imprese e dei cittadini in generale. In altre parole: uccidere la Gallina dalle Uova d’Oro che l’intera società civile avrebbe potuto possedere.
I primi attori
Il ritorno a un potere quasi assoluto delle elite, si è già detto, fu perfezionato dagli anni ’70 in poi. Il loro scopo supremo era di frapporre un muro fra le funzioni sovrane delle democrazie dei cittadini e il potenziale di creazione di ricchezza della Moneta Moderna che queste democrazie avrebbero potuto usare nell’interesse pubblico. Tuttavia, il retroterra del moderno assalto delle elite contro il bene comune fu preparato nelle quattro decadi precedenti e deve essere spiegato se uno vuole comprendere tutti gli eventi successivi.
I primi attori si possono già trovare nell’intervallo fra la prima e la seconda guerra mondiale. In quegli anni le preoccupazioni più stringenti delle elite non erano di natura puramente economica, almeno non del tutto. Invece, il fenomeno che esse consideravano come più preoccupante per i loro piani era… la gente, noi, seguito naturalmente dalla nascita delle democrazie e degli Stati sovrani, come già detto. Giustamente le elite compresero che il singolo elemento meno controllabile nel quadro degli storici cambiamenti di quell’epoca erano le masse, che crescevano enormemente e che mostravano desideri democratici sempre crescenti, accompagnate dal progresso del socialismo. Gli Stati erano affrontabili: dopotutto a quei tempi i politici provenivano quasi esclusivamente dalle fila della classe dirigente elitista. Ma la gente no, doveva essere messa sotto controllo con fermezza e questo non era semplice in un’epoca che non avrebbe più tollerato i massacri, la tortura e la brutalità medievale senza limiti come metodi per controllare i popoli. A fornire le idee per l’ottenimento di questi scopi furono cinque uomini, eccoli.
Si chiamavano Walter Lippmann, Edward Berneys, intellettuali americani; Robert Schuman, Jean Monnet, Francois Perroux, politici ed economisti francesi. Negli anni compresi fra il 1920 e il 1945 essi, indipendentemente gli uni dagli altri, partorirono le idee per il ribaltamento di 250 anni di Storia. Ripeto: si doveva annientare il Tridente, esso era il pericolo assoluto per le moderne oligarchie assolutiste, cioè annientare Stati, leggi e cittadini. Questi ultimi erano la massa pachidermica che sedeva nel mezzo del loro percorso di riscatto, e alla sua neutralizzazione pensarono Lippmann e Berneys. Considerati al loro tempo come intellettuali ‘progressisti’, le cui idee arrivarono contigue persino all’amministrazione Kennedy, essi sapevano bene che i tempi delle baionette e della Cayenna erano finiti, ahimè, e altro bisognava inventarsi per riportare il popolo alla sua ‘giusta’ posizione ai margini. Lippmann si espresse senza mezzi termini nel definire chi siamo noi cittadini: dei “meddlesome outsiders” (7), ovvero degli outsider rompicoglioni. Nulla di meno: noi persone e famiglie eravamo ai suoi occhi un’appendice fastidiosa fra i ‘cosiddetti’ del Potere. Già nel 1914 questo uomo aveva lasciato scritto nelle pagine del suo Drift and Mastery come il crescente potere del popolo minacciasse l’ordine capitalistico. Fra l’altro, sarà proprio in occasione di una conferenza europea nel 1938 in cui Lippman era ospite d’onore che il termine Neoliberismo fu coniato per definire il gran riscatto dei liberisti economici messi in ombra dal Tridente fin dagli albori del XX secolo (8).
In Europa, Schuman e Monnet ricalcavano alla perfezione quei concetti quando sostenevano che il sistema futuro avrebbe dovuto essere una gerarchia di ordini con supremazia assoluta delle elite sulla “massa ignorante”. Ma furono le idee dei due americani a fare il grosso del lavoro. Essi s’inventarono l’arma letale, quella che in pochi anni avrebbe realmente disabilitato la partecipazione democratica dei cittadini, intontendoli, drogandoli, eliminandoli dalla scena. Eccovi sfornate l’Esistenza Commerciale e la Cultura della Visibilità massmediatica, che erano le due ammiraglie dell’industria della fabbricazione del consenso per cui i due statunitensi sono passati alla Storia. Come si vedrà più avanti, questi concetti furono poi ripresi e rilanciati con assoluto vigore da altri uomini, per approdare a ciò che chiunque di noi oggi ha davanti a sé: masse inerti di cittadini che a milioni e milioni agiscono come robot la cui unica aspirazione è acquistare oggetti e adorare i ricchi e i famosi, anche quando le loro condizioni di vita obiettive sono ormai al limite della schiavitù, incapaci di un guizzo di attivismo persino quando sono minacciati dalla malattia terminale o dalla distruzione delle sopravvivenza della specie. Dell’Esistenza Commerciale e della Cultura della Visibilità massmediatica sottolineo solo alcuni cardini, mettendo però in rilievo il micidiale coordinamento con cui agiscono: la prima porta gli individui a impiegare una fetta sempre crescente del loro tempo per acquisire mezzi per acquisire beni che gli acquisiscano autostima. Il motivo per cui vi è questo opprimente bisogno di confermare l’autostima sta nella seconda, che fin dalla più tenera età insegna ai cittadini che per Essere si deve essere Visibili, cioè contare, cioè essere ‘qualcuno’. I Visibili possono, ottengono, sono amati da molti e rispettati, hanno personalità riconosciute, sono vincenti, gli è permesso tanto. I non visibili non sono, proprio non esistono, non contano, non hanno potere, di amore ne vedono pochissimo, sono indistinguibili, sono la ripugnante massa, essi pagano sempre tutto, non gli sono concesse scappatoie. E chi si sente la massa non si piace, poiché viene perennemente sospinto al paragone coi Visibili dal martellamento massmediatico. Questo gli distrugge l’autostima. Ma senza autostima un essere umano non respira, soffoca, farà di tutto per ottenerla, si sente cioè una nullità. Ed ecco che di nuovo torna in gioco l’Esistenza Commerciale, che sussurrerà all’orecchio degli invisibili che se si vestiranno in un certo modo, che con quell’auto, che frequentando quel locale o acquisendo oggetti a ripetizione, ma ancor più se riusciranno a far parlare di sé, essi si avvicineranno ai Vip, ai Visibili, e la loro autostima sarà risollevata dalla polvere della massa. Non è necessario qui elencare i conseguenti comportamenti di milioni di esseri umani, che si perderanno nello sfoggio di un certo paio di occhiali o nella corsa al denaro, persino nell’uso della violenza demenziale (uomini) e nell’umiliazione del proprio genere (le donne) pur di apparire o di esser citati una volta nella vita in Tv. Prede cioè senza speranza della trappola sopra descritta. Si aggiunga poi che, nello sforzo economico per accedere alle simulazioni di visibilità, gli individui s’impegneranno in ogni sorta di trappola finanziaria che in un circolo vizioso li incatenerà al sistema che li vuole annientare.
In questo processo le persone smarriscono ogni indipendenza di pensiero e di comportamento terrorizzate di perdere quel fittizio treno dell’autostima, ma soprattutto la loro energia mentale e di vita sarà quasi o spesso interamente assorbita, cioè annullata, da quello sforzo. La fine dei cittadini partecipativi. Oggi infatti, l’Italia che con mezzi di comunicazione rudimentali e governata da un monoblocco di potere ecclesiastico metastatizzato ovunque riuscì a ribaltare il proprio destino con divorzio e aborto, cioè l’Italia che partecipava, è un sogno talmente remoto che non è raro trovare giovani nati anni dopo che stentano a crederci. Oggi, nell’era dell’apatia istupidita di lavoratori e sindacati a fronte della precarizzazione del lavoro – attenzione: hanno precarizzato una condizione essenziale alla sopravvivenza dell’essere umano, esattamente come se ci avessero precarizzato i globuli bianchi, hanno cioè “reso plausibile l’inimmaginabile” – il fermento delle classi lavoratrici che permisero a Giacomo Brodolini e Gino Giugni di emanare in Italia il più avanzato Statuto dei Lavoratori di tutto l’Occidente (02/05/1970) sembra una fantasia. Oggi, a fronte dell’erosione degli stipendi reali in tutte le nazioni del G8 (negli USA ristagnano dal 1973 ininterrottamente) con picchi di povertà in crescita fino a oltre l’11% della popolazione, ben 12.000 miliardi di dollari sono stati regalati a una cricca di criminali bancari che ci ha appena rovinati (sono 800 finanziarie italiane messe assieme); ciò è accaduto senza che un singolo scontro fra cittadini e polizia avvenisse a Roma, New York o Berlino. Questo siamo noi ora, noi “meddlesome outsiders”. In altre parole, il piano Lippmann e Berneys ha trionfato: siamo ai margini, inebetiti, ci hanno eliminati. Non so se i lettori si rendono conto della gravità di questo.
Mancavano le altre due punte del Tridente, gli Stati e le leggi. Qui fu il piano di Robert Schuman e Jean Monnet a portare un tocco assai più micidiale al progetto delle elite internazionali. Specificamente, i due economisti francesi curavano gli interessi di un conglomerato industriale franco-germanico (che si badi bene è ancora oggi il padrone di fatto dell’Europa, colui che ne guida i destini), il quale mirava a dominare le industrie europee imponendo il proprio volere in Italia, Portogallo, Spagna, nei Paesi scandinavi e nel Benelux. Costoro sognavano negli anni precedenti la seconda guerra mondiale una struttura continentale dove grandi masse di lavoratori sottopagati, fluttuanti in vari Stati i cui governi lasciavano briglia sciolta al business senza troppo interferire, garantissero costi di produzione bassi rendendo quel blocco economico una potenza mondiale delle esportazioni. Neomercantilismo puro e semplice. Naturalmente, al fine di rendere in stato di quasi schiavitù quei lavoratori occorreva mettere in pratica una serie di misure economiche atte a mantenere bassa l’inflazione (cioè impedire agli Stati sovrani di spendere a deficit a favore del popolo), a soffocare i consumi dei cittadini e creare quindi deflazione (cioè pochi spendono e i prodotti rimangono invenduti sui mercati), e a tenere tutti in un perenne stato d’incertezza economica attraverso finzioni e falsi allarmi. Infine, la cosa più importante era di arrivare a esautorare i governi stessi, renderli più piccoli e ricattabili. Ma per fare cose di questa posta, particolarmente nel pieno dell’epoca del trionfo delle democrazie partecipative, si rendeva necessario un piano epocale di una intelligenza al limite del diabolico. Lo ottennero. Esso porterà il nome di Unione Europea e Unione Monetaria Europea. Non per nulla fu proprio dal cosiddetto ‘piano Schuman’ che nascerà nel 1951 la prima forma larvale di unione europea, cioè la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio). Ma come già accennato, l’elemento cruciale di questa strategia era di privare gli Stati della loro sovranità monetaria, della ‘Gallina dalle Uova d’Oro’, e dunque ecco spuntare il quinto uomo nella preparazione del piano Neoclassico, Neomercantile e Neoliberista: l’economista francese Francois Perroux.
Avete un’idea di quando furono pensati l’euro e la Banca Centrale Europea (BCE)? Sapete con quale finalità esatta? Sappiamo che il trattato fondamentale della moderna Unione Europea è quello di Maastricht del 1993. Esso mise le basi anche per la futura moneta unica. Possiamo allora immaginare che furono gli anni ’80 a partorire l’euro e la BCE? No. Euro e BCE furono il parto della pianificazione di Francois Perroux nel 1943. La motivazione? Quella che ci hanno venduto solo pochi anni fa politici e giornalisti è stata l’ovvia menzogna della creazione di una moneta forte come sfida all’egemonia del dollaro. Nella realtà lo scopo era diametralmente opposto: Perroux, e altri che vedremo fra poco, volevano togliere agli Stati il potere di gestire la propria moneta sovrana come condizione essenziale per distruggerli, perché senza la capacità di emettere moneta “lo Stato perde interamente la sua ragion d’essere” (9). Vale la pana citare qui una frase detta da uno dei padri dell’Euro, il francese Jacques Attali, all’economista Alain Parguez durante un incontro privato, e che Parguez mi ha personalmente riferito. Attali sbottò “E cosa credeva la plebaglia europea, che l’Euro fosse e stato fatto per la loro felicità?”. Se poi a questa frode drammatica, del tutto avveratasi l’1 gennaio 2002 nei 17 Stati più ricchi d’Europa, si aggiunge anche l’idea dei pianificatori di creare corpi sovranazionali col potere di imporre leggi, regole e ricatti di ogni sorta e tipo agli Stati e ai loro parlamenti e/o sistemi giudiziari, col potere persino di scavalcare le Costituzioni degli Stati – divenuta realtà con l’Unione Europa, il Trattato di Lisbona, l’Organizzazione Mondiale del Commercio – allora diviene chiaro come essi furono in grado di portare a compimento un disegno egemonico che appariva grottescamente impossibile anche solo 40 anni fa. Appare chiaro come riuscirono a distruggere le rimanenti due punte del Tridente, cioè gli Stati e le leggi.
Va ricordato ai lettori che in quelle decadi fatidiche che vanno dagli anni ’20 del XX secolo agli anni ’50, mentre i sopraccitati ordivano ciò che sappiamo, il mondo occidentale viveva al contrario proprio lo sbocciare d’idee e di sistemi economici perfettamente conseguenti al progressivo trionfo del Tridente per 250 anni consecutivi. Furono gli anni delle nascite degli Stati sociali, il welfare, dell’organizzazione in massa del sindacalismo, dell’intervento dello Stato nelle economie per creare ricchezza, ed è superfluo citare il New Deal di Roosevelt negli USA o le grandi nazionalizzazioni in Europa. Ma si ricordi anche il tentativo di riscossa dei Paesi del Terzo Mondo che passò dagli esordi della conferenza dei Paesi non allineati a Bandung nel 1955, alla nascita in sede ONU del New International Economic Order nel 1974, cioè lo scatto di dignità del Sud del mondo per difendere i diritti fondamentali dei poveri e riacquisire le loro ricchezze naturali depredate in secoli di colonialismo. A fornire un impianto scientifico economico a questo fermento eccezionale erano le idee in particolare di un economista inglese di nome John Maynard Keynes. Keynes aveva partorito veramente un altro mondo possibile, aveva pensato a tutto con una competenza e con un rigore accademico encomiabili, ed ebbe giustamente un grande successo per qualche anno in buona parte del mondo, influenzando schiere di economisti e relativi governi. Per esempio, Keynes aveva immaginato la creazione di un’organizzazione mondiale per regolamentare i commerci chiamata International Trade Organization (ITO), una banca centrale mondiale chiamata International Clearing Union (ICU), e una valuta per i commerci da estendere a tutti i Paesi chiamata Bancor. In breve: l’ITO metteva al centro dei suoi principi la piena occupazione e lo sviluppo sociale, non solo i profitti, riconoscendo la Carta dell’ONU; gli standard lavorativi migliori erano da rispettare ovunque; gli investimenti esteri venivano disgiunti dal ricatto politico; le nazioni povere potevano usare il protezionismo per difendere le proprie economie fragili, mentre i ricchi non potevano più truccare i prezzi dei propri prodotti agricoli con i sussidi di Stato che tagliano le gambe ai produttori del Sud che non li possono avere. Ma ancor più geniale era il funzionamento dell’ICU e del Bancor. Come sapete, una delle più gravi storture delle economie viene soprattutto dal fatto che ci sono Paesi che vendono tanto ma importano poco, e quelli che vendono poco ma devono importare tanto. I primi incassano troppi risparmi, i secondi s’indebitano fino alla rovina in certe condizioni. Keynes aveva la soluzione per questo problema: il Bancor diveniva la moneta obbligata per gli scambi commerciali, e tutte le nazioni alla fine dell’anno avrebbero portato i propri conti alla ICU; quelle che avevano venduto troppo e comprato troppo poco erano multate, e così quelle che avevano fatto il contrario; ma la novità era che venissero punite anche le prime, e aveva senso, perché esse non comprando finivano per impoverire altri Paesi che di conseguenza non vendevano. La soluzione per i multati era virtuosa: chi comprava troppo poco correva a comprare da chi vendeva troppo poco, e viceversa. Pareggio. Come si può capire, il modello Keynesiano era basato sul principio sacrosanto che l’interesse della collettività viene sempre per primo, conviene a tutti. In particolare poi, egli sposava appieno la teoria della spesa a deficit dello Stato a moneta sovrana come arricchimento dei cittadini.
Ma la sconfitta del nuovo mondo possibile di Keynes era segnata. Essa trovò il suo inizio in un evento di grande rilevanza economica mondiale, cioè la conferenza per gli assetti monetari internazionali di Bretton Woods del 1944. Senza dilungarsi nei dettagli, basti sapere che essa decreterà la fine del gold standard (sistema aureo) per diverse monete nel mondo eccetto che per il dollaro che rimase convertibile in oro, mentre le altre monete venivano agganciate ad esso (il gold standard è in vigore quando una moneta può essere convertita in oro su richiesta del cittadino in qualsiasi momento, letteralmente uno può recarsi in banca ed esigere un pezzetto di oro per le banconote che ha in tasca – essere agganciati al dollaro significa che una data unità della propria moneta viene cambiata sempre per lo stesso valore in dollari). Seduti al tavolo negoziale uno di fronte all’altro vi erano John Maynard Keynes e l’economista americano Harry Dexter White, ovvero due mondi inconciliabili, due visioni dell’umanità all’opposto, due destini per tutti noi totalmente diversi. Keynes ne uscì sconfitto, con l’innesco di un effetto domino che ne emarginerà le idee progressivamente nei successivi trent’anni fino alla loro sparizione, lasciando la strada libera al devastante progetto di Lippmann, Berneys, Schuman, Monnet e Perroux.
Ma questo periodo vide anche la nascita di un altro gruppo di eminenti prelati della riscossa delle elite e che non possono essere tralasciati. Si devono citare Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek (il celebrato autore di The Road to Serfdom), Jacques Rueff, Raymond Aaron fra gli altri, e va ricordata la loro prima ‘chiesa’ europea che si chiamò Mont Pèlerin Society nel 1947. Ciò che avevano in comune era un’avversione per qualsiasi cosa assomigliasse a un intervento statale in economia e per qualsiasi cosa avesse detto e scritto John Maynard Keynes, che odiavano. Detto ciò, si noti che già allora il loro approccio alle funzioni dello Stato era impregnato di quello che oggi conosciamo come “Lemon Socialism” (Krugman, 2009): in esso i governi devono intervenire solo per mantenere un ordine sociale a vantaggio del Libero Mercato, e in particolare per salvare dalla bancarotta le elite quando esagerano nei loro giochi finanziari criminosi, attraverso iniezioni massicce di denaro pubblico (inteso non come denaro da tasse, ma denaro che i ministeri del Tesoro avrebbero potuto impiegare per spese a favore dei cittadini).
Il piano accelera esponenzialmente. Nasce il Piano di Contiguità
E’ vero che le idee permettono il potere, ma, parafrasando Oscar Wilde, “con un piccolo aiuto da altri”. E l’aiuto arrivò sotto una forma scontata per idee che servivano gli interessi dei super ricchi: denaro. Ma non vagonate di soldi brutalmente versati nelle casse di quei pensatori, bensì qualcosa di estremamente sofisticato che mirava a due goal: primo, ovviamente raccogliere fondi, ma soprattutto diventare influenti coi politici e infiltrare il mondo universitario dove la ‘vera’ struttura di comando dei governi veniva istruita. Si faccia attenzione che quanto segue spiega come sia accaduto che i dogmi economici delle elite siano divenuti di fatto una religione mondiale oggi incontrastata.
Esse compresero che gli elementi che realmente gestiscono il potere nei governi non sono i politici noti, ma piuttosto la retroguardia composta dai tecnocrati e dai consiglieri. I politici, pensarono, dovevano rendere conto agli elettori, e almeno in teoria erano limitati da una serie di preoccupazioni sociali; non potevano rubare sfacciatamente al pubblico i suoi diritti e le sue risorse. Ma la retroguardia non aveva nessuno di questi problemi e poteva sfornare una serie di principi economici per fare il lavoro sporco, camuffandoli però da necessità economiche ineludibili o addirittura da misure virtuose. I politici avrebbero presentato le scelte impopolari come sacrifici purtroppo inevitabili dettati dalla giusta scienza economica che i tecnocrati e i consiglieri certificavano come autorevoli e persino vitali. Per tutto questo, la prima cosa da fare da parte delle elite era di infiltrare le università dove la retroguardia del potere veniva allevata. Vedremo più avanti come questo piano fu articolato e da chi.
Non si può qui omettere la deflagrazione del secondo conflitto mondiale, che mise in pausa la pianificazione Neoclassica, Neomercantile e Neoliberista. Interessante notare però che in questi anni tragici sia le dittature europee che i Paesi liberi coinvolti abbracciarono politiche economiche che poco avevano a che fare con i subdoli dogmi economici che le elite lottavano per imporre.
Ma torniamo a noi. Per infiltrare il mondo accademico e dunque le menti delle eminenze grigie che siedono nei ministeri dei nostri governi, le elite immaginarono quello che potremmo chiamare un Piano di Contiguità. Significa che misero in piedi delle strutture contigue alle università che finanziassero l’istruzione superiore, la formazione, la ricerca e le borse di studio dei migliori rampolli nelle facoltà di scienze politiche ed economia, ma che erano anche in grado di lanciare campagne di informazione di massa per influenzare l’opinione pubblica. Queste strutture si composero di due parti: le Fondazioni e le Think Tanks (traduz. Serbatoi di Pensiero). Le prime sono un misto di entità per la raccolta di fondi e centri culturali, le seconde sono di solito puramente gruppi di ricerca. Alcuni nomi in America dalle origini in poi: la Rockefeller Foundation, il William Volker Fund, la Olin Foundation, il Freedom Network and l’Atlas Research Foundation, l’American Enterprise Institute, il Cato Institute; poi le fondazioni Coors, John M. Ohlin, Sarah Scaife, Smith Richardson, Henry Salvatori, Carthage, Heritage and Earhart; l’Acton Institute, il Washington Policy Center, il Manhattan Institute for Policy Research. In Europa: nel Regno Unito, l’Institute of Economic Affairs, il Centre for Policy Studies, l’Adam Smith Institute, lo Stockholm Network, il Bruges Group, l’International Policy Network. La potente Mont Pèlerin Society in Svizzera; il CUOA, Acer, CMSS, Bruno Leoni, Prometeia e Nomisma in Italia; in Francia, l’Association pour la Liberté Economique, Eurolibnetwork, l’Institut de Formation Politique; in Germania: l’Institut fuer Wirtschaftsforschung Halle, l’Institut fuer Weltwirtschaft, e l’Institut der Deutschen Wirtschaft Köln fra i maggiori.
E così riversarono i dogmi Neoliberali e Neoclassici là dove contava. Due nomi da ricordare in questo contesto sono quelli dei monetaristi neoliberali Milton Friedman, statunitense, e Karl Brunner, svizzero naturalizzato americano. Che fossero monetaristi è importantissimo da sottolineare, perché i lettori devono capire che la gestione della moneta è di fatto il cervello di tutta l’economia, e chi ne decide i destini decide le sorti del mondo. Brunner, che apparteneva alla Mont Pèlerin Society, ebbe un ruolo decisivo nel colonizzare l’Europa che ancora viveva sotto l’influenza di Keynes con le idee diametralmente opposte per il nuovo dominio delle elites, cioè le idee del neoliberismo. Quando vi chiedete “ma come hanno fatto a convincere politici e ministri, giornalisti, docenti e studenti a obbedire?”, una delle risposte è Brunner. L’evento chiave della strategia fu la sua conferenza di Konstanz sulla teoria monetaria (1970), che mirò proprio a indottrinare i leader europei contro Keynes, e a “migliorare” la qualità dell’insegnamento di economia nelle università europee, specialmente quelle tedesche e svizzere, poiché l’ideologo denunciava “un gap nella qualità della ricerca e dell’insegnamento in Europa rispetto agli Stati Uniti” (10). Milton Friedman, insignito del Nobel per l’economia, fondò una scuola di pensiero Neoliberista passata alla Storia come “The Chicago Boys”, dall’università dove la sua fucina lavorava. Era un uomo particolare, direi diviso in due: da una parte stava quello che era capace di abbracciare idee sociali avanzate come la depenalizzazione delle droghe, dall’altra lavorò come nessun altro per infliggere al mondo gli orrori del Libero Mercato, e cioè le deregolamentazioni selvagge, le privatizzazioni selvagge e una impietosità selvaggia per le sofferenze di milioni di esseri umani. Lo troveremo consigliere di Augusto Pinochet in Cile mentre le camere di tortura lavoravano a turni di 24 ore, e nome di punta del Progetto Omega dell’Adam Smith Institute di Londra, che teorizzò proprio la distruzione dei governi (il loro “rimpicciolimento”).
La loro opera, e quella delle Fondazioni e Think Tanks, ebbe un considerevole successo, quasi completo. Cito lo storico dell’economia John F. Henry: “Oltre a finanziare lo sviluppo di programmi specifici e di curricula, oltre a promuovere la ricerca per il laissez faire in economia, le Fondazioni per il Libero Mercato sponsorizzarono master e borse di studio in legge, economia, scienze politiche e affari sociali… Promossero cattedre universitarie, libri e progetti. Una volta formulate, le prescrizioni di politica e la loro anima da Libero Mercato vengono comunicate non solo ai funzionari di governo, ma anche al pubblico attraverso i grandi media e i giornalisti che quelle Fondazioni sponsorizzano” (11).
Una di queste fondazioni merita un breve approfondimento: è la Heritage, americana. Fu un giovane sconosciuto attivista di destra a porre la prima pietra, Ed Feulner a Washington. Feulner è uno degli uomini chiave che sostituirà le eliche del progetto di distruzione di Stati, leggi e cittadini per dotarlo di turbine a jet. Considerava Friedrich Hayek e la sue influente Mont Pèlerin due lumache, e si inventò il marketing moderno delle idee da sparare in primo luogo attraverso i mass media da giornalisti prescelti (da noi i vari Furio Colombo, Piero Ostellino o Gianni Riotta…), e poi comprese che se si volevano manipolare i politici bisognava imboccarli. Sì, proprio così, cioè preparargli dei bocconcini ideologici sulle questioni chiave dell’economia facili da mandar giù, rapidi da assimilare, quelli che lui stesso definì “concetti politici sintetici per legislatori che vanno di fretta” (12). Da qui al diventare forse la più influente fondazione del mondo passò poco e la Heritage partorì alla fine degli anni ’70 il percorso stampato per le politiche economiche di Ronald Reagan, cioè per tutti noi, col nome di Mandate for Leadership. E’ difficile riuscire a rendere per i lettori l’idea di quanto potenti e infiltranti furono quelle idee, fin sulle soglie delle case italiane anche delle più lontane province.
Ma tornando ai “concetti politici sintetici per legislatori che vanno di fretta”, il problema era che qualcuno li doveva poi recapitare quei concetti ai politici prescelti. Ed ecco nascere le versioni moderne delle famose lobby, la cui importanza nella vita pubblica di oggi non può essere ignorata, così come il contributo che diedero al successo del piano Neoclassico, Neomercantile e Neoliberale. Per sottolineare quanto appena detto bastano alcuni dati: Washington è infestata dai lobbisti, dai 16 ai 40 mila all’anno a seconda delle sedute del Congresso, con un budget di circa 3 o 4 miliardi di dollari annui. Nella UE, e specificamente nel suo centro di potere di Bruxelles, all’incirca 15-20 mila di questi uomini e donne vagano per i corridoi della Commissione Europea con 1 miliardo di euro da spendere. Negli Stati Uniti la lobbistica è talmente parte delle vita pubblica che si può affermare che chiunque sia qualcuno laggiù fa lobbying, dalla American Banking Association, alla Housing Finance Alliance o la Private Investor Coalition e la US Chamber of Commerce. Tutta Wall Street da cima a fondo fa lobbying furiosamente, e i lobbisti sono impiegati da organizzazioni diverse come la National Rifle Association, la Christian Coalition, l’American Israel Public Affairs Committee, e dai grandi sindacati, gruppi di genere, tutte le industrie ecc. In Europa invece le lobby si sono organizzate in gruppi registrati, e quelli di gran lunga più potenti sono le lobby finanziarie e di business. Nomi come il Trans Atlantic Business Dialogue, la European Roundtable of Industrialists, il Liberalization of Trade in Services Group, la European Banking Federation, la European Employers Association oppure Business Europe sono ascoltatissimi a Brussell. Per darvi solo un esempio significativo, ogni anno il Trans Atlantic Business Dialogue sottopone ai tecnocrati di punta della UE una lista di suoi desiderata e si aspetta che un’obbediente Commissione Europea gli riferisca quali progressi sono stati fatti per soddisfarli (13).
Riassumendo, fu questo Piano di Contiguità che attraverso una rete di istituti per la formazione post universitaria e per il finanziamento delle future classi dirigenti permise alle elite di colonizzare con le loro idee i cervelli che contavano. Quelli che poi noi cittadini troviamo in posizione chiave di potere alle spalle dei politici di facciata, i quali altro non possono fare se non seguire i loro diktat.
Il risultato di ciò fu, ed è tuttora, la nascita di una classe dirigente mondiale, i “Globocrati”, che di fatto vive sotto l’egida delle elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste e che ormai pensa con la medesima mente. E agisce per i medesimi scopi. Per comprendere meglio questa potentissima amalgama indistinta e per non essere tacciati di essere teorici del complotto (una delle sfortunate produzioni del mondo Internet), vi propongo di esaminare i Club in cui questi “Globocrati” si riuniscono annualmente per discutere le tendenze economiche e politiche del periodo. Non sono molti, e solo quattro di essi val la pena citare: il segretissimo Bilderberg fondato nel 1954, la Commissione Trilaterale del 1973, Il World Economic Forum di Davos in Svizzera nato nel 1971, e l’Aspen Institute del 1950. Per oltre sessant’anni tutti i più potenti personaggi del mondo (troppi da menzionare tutti) hanno gravitato attorno a queste organizzazioni, e in esse hanno contribuito in modo decisivo al ritorno al potere delle elite di cui questo saggio parla. Eccovi di seguito una lista di costoro con relativa appartenenza a uno o più di questi Club:
Peter Sutherland (ex WTO chief, dirigente Goldman Sachs, ex Commissione UE, Bilderberg), David Rockefeller (Trilateral Commission, Bilder.), Paul Volcker (ex FED chief, Aspen Institute, Trilat., Bilder.), Leon Brittan (ex Commissione UE, Trilat.), Henry Kissinger (ex gov. USA., Aspen, Trilat., Bilder., World Economic Forum), John Micklethwait (Direttore di The Economist, Bilder.), Zbigniev Brzezinski (ex gov. USA, ex Trilat.), Condoleezza Rice (ex gov. USA, Aspen, Trilat., Bilder.), Henry Paulson (ex gov. USA, Bilder.), Edmond de Rothschild (Bilder.), Ben Bernanke (FED chief, Bilder.), Bill Clinton (WEF), Etienne Davignon (ex Commissione UE, Bilder.), Larry Summers (ex gov. USA, Bilder.), John Negroponte (ex diplomatico USA, Trilat.), Karel de Gucht (Commissione UE, Bilder.), Jean Claude Trichet (ECB chief, Bilder.), Timothy Geithner (US Treasury Sec., ex Trilat., Bilder.), Carl Bildt (Min. Esteri svedese, Trilat., Bilder.), George Soros (WEF), Joaquin Almunia (Commissione UE, Bilder.), Carlos Ghosn (CEO Renault, WEF), George Papaconstantinou (ex Min. Finanze Grecia, Bilder.), Peter Brabeck Letmathe (Nestlè chairman, WEF), José Zapatero (Premier Spagna, Bilder.), Cynthia Carroll (Anglo American CEO, WEF), Josef Ackermann (Deutsche Bank CEO, Bilder.), Neelie Kroes (Commission UE, Bilder.), Christine Lagarde (IMF Chief., Bilder.), Bill Gates (Bilder.), Donald Graham (Editore Washington Post, Bilder), Robert Zoellick (Pres. World Bank, Bilder.), John Elkann (chairman Fiat, Aspen, Trilat., Bilder.), Paolo Scaroni (ENI CEO, Bilder.), Roberto Poli (ENI, Aspen), Mario Draghi (Banca d’Italia, Bilder.), Mario Monti (Univ. Bocconi, ex Commissione UE, Aspen, Trilat., Bilder.), Piero Gnudi (ENEL, Aspen), Fulvio Conti (ENEL, Bilder.), Riccardo Perissich (IAI, Aspen), Gianfelice Rocca (Techint, Aspen, Trilat., Bilder.), Angelo Maria Petroni (Sole 24 Ore, Aspen), Giacomo Vaciago (ex Citibank, Aspen), Carlo Secchi (Bocconi, ex UE, Trilat.), Giulio Tremonti (Min. Tesoro, Aspen), Fedele Confalonieri e Franco Frattini (Aspen), Domenico Siniscalco (vice di Morgan Stanley, Bilder.), Ferdinando Salleo (Mediocredito, Trilat.), Lucia Annunziata (Aspen), Tommaso Padoa-Schioppa (scomparso, ex FMI, ex Fiat, Bilder.), Emma Marcegaglia (Aspen), Pierfrancesco Guarguaglini (Finmeccanica, Trilat.), Enrico Letta (ex gov. Prodi, Aspen, Trilat.), Corrado Passera (Intesa, Aspen), Carlo Scognamiglio (ex gov D’Alema, Aspen), Marco Tronchetti Provera (Pirelli, Trilat.), Franco Bernabè (Telecom, Bilder.), Franco Venturini (Corriere, Trilat.), Paolo Mieli (Aspen), Romano Prodi (Aspen, Bilder.), Giuliano Amato (oggi Deutsche Bank, Aspen), Paolo Savona (Banca di Roma, Aspen).
Non ufficialmente, alcune fonti citano Francesco Giavazzi, Ferruccio De Bortoli, Rodolfo De Benedetti come membri del Bilderberg Group.
Nessun bisogno di commentare oltre.
Ora torniamo alla nostra narrazione, perché in questi anni, e siamo ormai alla soglia degli anni ’70, quattro intellettuali seppero offrire contributi al piano delle elite che ne accelereranno il successo come nulla prima.
Il grande balzo in avanti
Una mattina dell’estate del 1971 Eugene Sydnor Jr. della Camera di Commercio degli Stati Uniti aveva sollevato la cornetta del telefono e aveva fatto un numero. All’uomo che rispose fu semplicemente detto di stilare il Decalogo della riscossa finale, la riscossa di chi già ben sappiamo. L’impazienza si era impadronita di loro, bisognava correre, perché sia negli USA che in Europa, e in particolare in Francia e in Italia, le sinistre radicali stavano debordando fuori controllo. L’avvocato Lewis Powell era l’uomo che aveva risposto a quella chiamata. Egli fu un altro e importantissimo acceleratore del piano per annullarci e sottoporci a sofferenze di vita inutili e volute a tavolino, mentre Stati sempre più intimiditi stavano a guardare obbedienti. Powell scrisse il suo Memorandum (14), dove in sole 11 pagine egli dettò quanto segue:
La diagnosi: “(Noi delle destre economiche) non ci troviamo di fronte ad attacchi sporadici. Piuttosto, l’attacco al Sistema delle corporations è sistematico e condiviso”. C’è una “guerra ideologica contro il sistema delle imprese e i valori della società occidentale”. Le regole di guerra sono: primo, tornare a controllare i governi perché “pochi elementi della società americana di oggi hanno così poca influenza sul governo come il business, le corporazioni, e gli azionisti… Non è esagerato affermare che… siamo i dimenticati”. Al fine di validare questa sua affermazione, Powell cita uno degli economisti Neoliberisti più potenti di sempre, Milton Friedman, che aveva sentenziato: “E’ chiarissimo che le fondamenta della nostra società libera sono sottoposte a un attacco su larga scala e potente – non da parte dei comunisti o da altri complotti, ma da sciocchi che si imitano come pappagalli e che nutrono un disegno che non avrebbero mai condiviso intenzionalmente”. Powell concorda: una grande parte dell’attacco veniva condotto da elementi ordinari della società americana, non tanto dai comunisti o da altri estremisti della sinistra, infatti scrisse che “Le voci più inquietanti (…) provengono da elementi assai rispettabili della società, come i campus universitari, le chiese, i media, gli intellettuali, i giornali letterari, ma anche dalle arti e dalle scienze, e dai politici”.
Le destre dovranno capire che “la forza sta nell’organizzazione, in una pianificazione attenta e di lungo respiro, nella coerenza dell’azione per un periodo indefinito di anni, in finanziamenti disponibili solo attraverso uno sforzo unificato, e nel potere politico ottenibile solo con un fronte unito e organizzazioni nazionali ”. Ovvero, trasformarsi in un esercito di attivisti di micidiale efficacia. Il Piano di Contiguità naturalmente deve essere incluso, poiché “L’assalto al sistema delle imprese non fu condotto in pochi mesi (…) e c’è ragione di credere che l’università è la sua singola fonte più dinamica”. Le soluzioni: “Stabilire uno staff di docenti qualificatissimi nelle scienze sociali che credano fermamente nel sistema”. E di più: “Questi docenti dovranno valutare i testi di scienze sociali, specialmente in economia, scienze politiche, e sociologia”, e “Dovremo godere di un rapporto privilegiato con le influenti scuole di business”.
Nel 1971, all’epoca degli sforzi di Powell, i media erano già centrali ai giochi del Vero Potere, ma non come esso avrebbe voluto. E l’avvocato neppure qui si perse in giri di parole: “Le televisioni dovranno essere monitorate costantemente nello stesso modo indicato per i libri di testo universitari. Questo va applicato agli approfondimenti Tv, che spesso contengono le critiche più insidiose al sistema del business”. La stampa e la radio non sfuggono: “Ogni possibile mezzo va impiegato… per promuoverci attraverso questi media”; né le riviste popolari, dove “vi dovrà essere un costante afflusso di nostri articoli”; né le edicole, dove “esiste un’opportunità di educare il pubblico e dove però oggi non si trovano pubblicazioni attraenti fatte da noi”. Powell prescrisse qui il boom, realmente poi avvenuto, dell’editoria popolare straripante di rappresentazioni positive dell’Esistenza Commerciale e della Cultura della Visibilità. E poi, naturalmente, gli sponsor: chi lavorava al progetto di fermare la Storia doveva essere “pagato allo stesso livello dei più noti businessmen e professori universitari”, perché “le nostre presenze nei media, nei convegni, nell’editoria, nella pubblicità, nelle aule dei tribunali, e nelle commissioni legislative, dovranno essere superbamente precise e di eccezionale livello”. La conseguenza di questi semplici concetti sarà enorme: nacque così il mondo delle lobby moderne del potere economico, quelle che oggi eleggono i deputati pagandogli le campagne elettorali, prima che li eleggiamo noi cittadini, perché “il business deve imparare che il potere politico è indispensabile, che deve essere coltivato con assiduità, e usato in modo aggressivo se necessario, senza imbarazzo”. E poi: “Chi ci rappresenta deve diventare molto più aggressivo… deve far pressione con forza su tutta la politica perché ci sostenga, e non dovremo esitare a penalizzare chi a noi si oppone”.
Va detto che non ci è possibile sapere l’esatto grado di complicità che Powell personalmente fornì ai manovratori del piano Neoclassico, Neomercantile, e Neoliberista, ma due cose sembrano certe: primo, le sue parole descrivono con incredibile precisione tutto ciò che accadde dopo, e cioè il controllo delle elite nelle università, nei media e nella politica. Secondo, il memorandum termina con le sue considerazioni che rispecchiano perfettamente alcuni dogmi della propaganda Neoliberista che mirava a demonizzare qualsiasi ruolo centralizzato dei governi nella gestione pubblica. Ad esempio: “Non c’è consapevolezza del fatto che l’unica alternativa alla libera impresa sono vari gradi di regolamentazione burocratica della libertà individuale – che va da quella imposta dal socialismo moderato al pugno di ferro delle dittature di sinistra o di destra”. Beh, possiamo oggi affermare con chiarezza che la presente crisi finanziaria ci ha ampiamente dimostrato che cosa la mancanza di regolamentazione burocratica della libertà individuale e la libera impresa hanno fatto a milioni di famiglie, lavoratori, aziende e a intere nazioni.
Quattro anni dopo, altri tre uomini scattarono sulla pista della gara per il ritorno delle elite, e presero il testimone che fu di Lippmann, Berneys, Schuman, Monnet, Perroux, Hayek, Brunner, Friedman e Powell, per consegnarlo nella mani di coloro cui fu dato l’incarico di portare il Cavallo di Troia del Più Grande Crimine dentro i parlamenti delle maggiori democrazie del mondo: Margaret Thatcher, Ronald Reagan, Helmut Kohl e Francois Mitterrand. I tre di cui si parla rispondono al nome di Samuel P. Huntington, Michel J. Crozier e Joji Watanuki, un americano, un francese e un giapponese. L’incarico lo ricevettero dalla Commissione Trilaterale: nasce nel 1973 quando un drappello di “Globocrati” esce dal gruppo Bilderberg che si opponeva all’inclusione dei giapponesi nelle sue fila (il Bilderberg si occupava di affari NATO e non gli andava che i nipponici ficcassero il naso negli affari militari occidentali). Fra i suoi circa 400 membri sono passati Henry Kissinger, Jimmy Carter, David Rockefeller, Zbigniev Brzezinski, Edmond de Rothschild, George Bush Sr., Dick Cheney, Bill Clinton, Alan Greenspan, Peter Sutherland, Takeshi Watanabe; Paul Volcker, Leon Brittan, John Negroponte, Condoleezza Rice, Timothy Geithner, Carl Bildt, e molti altri fra cui gli italiani citati in precedenza; più un gruppo vario di istituti finanziari, di corporations e di Fondazioni, fra cui Goldman Sachs, Banque Industrielle et Mobilière Privée, Japan Development Bank, Mediocredito Centrale, Bank of Tokyo-Mitsubishi, Chase Manhattan Bank, Barclays, Royal Dutch Shell, Exxon, Solvay, Mitsubishi Corporation, The Coca Cola co., Texas Instruments, Hewlett-Packard, Caterpillar, Fiat, Dunlop, the Bill & Melinda Gates Foundation, the Brookings Institution, the Carnegie Endowment, ecc.
Huntington, Crozier e Watanuki stilarono un rapporto con ancora idee, strategie e dettami, ma questa volta la sofisticatezza delle 227 pagine del loro The Crisis of Democracy dà i brividi. Vi si legge letteralmente tutto ciò che ci hanno fatto accadere per disabilitarci. Il titolo stesso è ingannevole, poiché non si tratta di riparare le democrazie partecipative, come sembrerebbe suggerire, ma di distruggerle. Infatti il rapporto dichiara senza mezzi termini che “alcuni dei problemi di governo negli Stati Uniti di oggi derivano da un ‘eccesso di democrazia’ (…) C’è bisogno invece di un grado superiore di moderazione nella quantità di democrazia”. E naturalmente il diritto ‘divino’ delle elite di governare noi gente comune trova in queste pagine una giustificazione immediata quando Huntington scrive: “La democrazia è solo una delle fonti dell’autorità e non è neppure sempre applicabile. In diverse istanze chi è più esperto, o più anziano nella gerarchia, o più bravo, può mettere da parte la legittimazione democratica nel reclamare per sé l’autorità”. Parole che si congiungono in modo perfetto al piano di Schuman, Monnet e Perroux, e che hanno prestato le fondamenta all’Europa unita dell’Euro già ora governata da una elite di burocrati super specializzati che nessuno di noi elegge.
I tre autori scrissero le loro istruzioni su come le elite avrebbero dovuto procedere in termini chiarissimi, e con una premonizione straordinaria: “Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato (prima degli anni ’60, nda) ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla politica. Ciò è intrinsecamente anti-democratico, ma è stato anche uno dei fattori che ha permesso alla democrazia di funzionare bene”. Ed è stata proprio questa apatia che fu indotta sulle masse dell’Occidente per mezzo di una operazione massmediatica enorme e dell’esplosione del consumismo, deviandole dall’attivismo democratico, drogandole così che non vedessero più i loro reali bisogni e i loro diritti. Come ha scritto David Bollier “Potrà una società che si è così gettata su una eccessiva commercializzazione funzionare ancora come una democrazia deliberativa? Potrà il pubblico ancora trovare e sviluppare la sua voce sovrana? O, viceversa, il suo carattere è stato così profondamente trasformato dai media commerciali da stroncarne per sempre l’abilità di partecipare alla vita pubblica?”(15) Qui The Crisis of Democracy mostra la medesima mentalità che portò Lippmann a chiamare i cittadini “gli outsider rompicoglioni”, prova ulteriore del gemellaggio ideologico degli attori di questo piano.
Essi infatti proclamarono che “la storia del successo della democrazia… sta nell’assimilazione di grosse fette della popolazione all’interno dei valori, atteggiamenti e modelli di consumo della classe media”. Cosa vuol dire? Significa che se si vuole uccidere la democrazia partecipativa dei cittadini mantenendo in vita l’involucro della democrazia funzionale alle elites, bisogna farci diventare tutti consumatori, spettatori, piccoli investitori. L’involucro della democrazia fu salvato, il suo contenuto, cioè noi cittadini partecipativi, fu annientato.
Ora attenzione a quanto segue: ogni idea di Stato Sociale che “avrebbe dato ai lavoratori garanzie e avrebbe alleviato la disoccupazione” veniva tacciata dai tre autori di essere “una deriva disastrosa… poiché avrebbe dato origine a un periodo di caos sociale”. Che il lettore s’imprima nella memoria queste parole, poiché esse detteranno una delle più criminose decisioni politiche della Storia occidentale moderna voluta dalle elite, quella di creare artificiosamente grandi sacche di disoccupati, sottoccupati, e precari – con le immense sofferenze che ne conseguivano – solo per poterci controllare meglio, e sfruttare meglio. Non per cause di forza maggiore economiche. Sapevano che gli Stati a moneta sovrana avrebbero potuto creare la piena occupazione senza problemi in tutto il mondo, ma ciò gli avrebbe sottratto il potere. Dovevamo soffrire.
Il rapporto attacca lo Stato Sociale anche perché, sostengono gli autori, la spesa sociale può causare un’inflazione disastrosa: “L’inflazione (…) potrebbe essere esacerbata dalle politiche democratiche, e risulta molto difficile per i sistemi democratici tenerla sotto controllo. La tendenza naturale delle pretese politiche possibili in un sistema democratico aiuta i governi ad affrontare i problemi delle recessioni economiche, prima di tutto la disoccupazione, ma gli impedisce di controllare l’inflazione con efficacia. Di fronte alle richieste del business, dei sindacati e dei beneficiari della generosità governativa, diventa quasi impossibile per i governi democratici ridurre la spesa, aumentare le tasse, e controllare i prezzi e gli stipendi. In questo senso l’inflazione è la malattia economica delle democrazie”. Niente meno. Notate l’uso specifico delle parole “generosità governativa” contrapposte alle virtù del “ridurre la spesa, aumentare le tasse, e controllare i prezzi e gli stipendi”, associate alla minaccia finale di inflazione. Questi principi sono precisamente il credo fondamentale e gli spauracchi degli economisti Neoclassici, Neomercantili e Neoliberisti, che abbiamo in parte già visto.
E per rimanere nell’ambito dei pericoli che la democrazia pone al governo delle elite, i tre autori individuano nel radicalismo delle idee di sinistra lo strumento principe che anima le lotte dei lavoratori. Qui è Samuel P. Huntington a scrivere righe inquietanti sull’ideologia radicale, sostenendo che “quando essa perde forza, diminuisce il potere dei sindacati di ottenere risultati”, e infatti la concertazione “… produce disaffezione da parte dei lavoratori, che non si riconoscono in quel processo burocratico e tendono a distanziarsene, e questo significa che più i sindacati accettano la concertazione più diventano deboli e meno capaci di mobilitare i lavoratori, e di metter pressione sui governi”. Parole che preconizzarono con estrema lucidità una delle epoche più infami dei rapporti fra Vero Potere e mondo dei lavoratori/cittadini, quella che nel giro di pochi decenni porterà i sindacati dalla loro storica tradizione di lotta per ottenere sempre maggiori diritti, alla miserevole condizione odierna, dove essi ormai possono solo contrattate sul grado di abolizione dei diritti.
Concludo il capitolo su The Crisis of Democracy citando il vano tentativo di Ralf Dahrendorf di criticare il contenuto anti sociale e anti democratico di questo rapporto, leggibile proprio nella discussione pubblicata in appendice a esso. Egli lanciò un monito ai governi affinché “evitino di credere che il progresso che hanno resto possibile per grandi masse di cittadini deve ora essere disfatto perché è scomodo per alcuni. Va evitato di credere che un po’ più di disoccupazione, un po’ meno istruzione, un po’ più di disciplina e un po’ meno libertà di espressione renderanno il mondo un luogo migliore, in cui sarà possibile governare con efficacia. Invero, credo che questo tentativo di riportare indietro il progresso della storia per ricreare lo stato di cose che ci siamo fortunatamente lasciati alle spalle è in molti aspetti incivile, davvero primitivo”. Sappiamo oggi che le sue parole furono spettacolarmente ignorate. Non ci consola che già allora questo intellettuale avesse così lucidamente compreso ciò che sto divulgando in questo saggio, che io chiamo “il ritorno delle elite al potere assoluto che avevano perduto”, e che lui definisce con parole più eleganti come appunto “riportare indietro il progresso della storia per ricreare lo stato di cose che ci siamo fortunatamente lasciati alle spalle”.
L’incredibile potere dei fantasmi
Il passaggio dagli anni ’70 agli anni ’80 è senza dubbio uno spartiacque della Storia, come lo fu ad esempio la sconfitta di Napoleone, o la scoperta della dinamite, uno di quei passaggi che semplicemente ci dice che nulla sarà mai più come prima. Il mondo intero cambiò, e una nuova era ‘supersonica’ s’impadronì del Pianeta: media supersonici, consumismo, distruzione dell’ambiente, speculazioni finanziarie, stili di vita, criminalità, tossicodipendenze, corsa al riarmo e spese militari… tutto supersonico. Ma anche un supersonico attacco ai sindacati, supersonica demonizzazione degli Stati Sociali, supersonico individualismo. A troneggiare su questa era arrivarono i quattro assi della politica Neoliberista: Ronald Reagan, Margaret Thatcher, Helmut Kohl, e Francois Mitterrand, che di fatto spazzarono via ogni altro gioco politico moderno, ponendo il globo sotto il controllo dei loro sponsor: le elite finanziarie e le corporations. Infatti, nel momento in cui le quattro più potenti economie del mondo – gli USA, la Gran Bretagna, la Germania e la Francia – si unirono per imporre l’intransigenza del Libero Mercato (intransigenza per tutti eccetto le elite), per imporre al Terzo Mondo il Washington Consensus (la stessa intransigenza applicata sadicamente al Sud), e per imporre lo smantellamento a man bassa delle regolamentazioni governative, c’era poco che il resto del pianeta potesse fare per fermarli.
Particolarmente insidiosa fu la strategia del presidente francese, che sulla carta era un leader di sinistra fra i suoi tre colleghi ultra conservatori. Mitterrand fu in grado di dar inizio in Europa alla trasformazione della sinistra socialista e socialdemocratica in una sorta di macchina politica ibrida, che mantenne la facciata di sinistra solo per nascondere politiche del tutto Neoliberiste, quindi di destra. L’economista italiano Riccardo Bellofiore (univ. Bergamo) ha chiamato il risultato finale di questa mutazione ‘Liberismo sociale’ (16), dove il governo farà gli interessi delle elite, e lo Stato dovrà intervenire solo per ripararne i disastri in termini di Spesa a Deficit Negativa per i dolenti problemi sociali che sempre ne conseguono, e in termini di salvataggi a suon di soldi pubblici delle banche fraudolente. Questa trasmutazione perniciosa iniziò appunto dai socialisti francesi, poi venne il New Labour inglese, poi il Centrosinistra italiano, e il resto delle sinistre europee capitolarono poco dopo.
In Francia, oltre al presidente Mitterrand, altri uomini meno noti lavorarono dal 1981 in poi al cambio di pelle delle sinistre. Cito quelli chiave: Jaques Delors, Jaques Attali, e Jean Claude Trichet… sì, proprio lui, guarda caso l’attuale governatore delle Banca Centrale Europea. Il presidente francese, nelle parole dell’economista Joseph Halevi , “… sosteneva che la gente si dovesse togliere di mezzo, che la piena occupazione avrebbe dato troppo potere al popolo, mentre la deflazione, la disoccupazione e i lavori precari gliel’avrebbero sottratto. Queste idee furono una costante in Francia, a partire da De Gaulle, poi Giscard D’Estaing e infine Mitterrand, che le volle espandere a tutta l’Europa” (email di Halevi circolata nel suo gruppo di lavoro).
A questo punto le cose si erano messe assai bene per le elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste, ma c’era sempre il pericolo di un’improvvisa ribellione che costringesse i governi a intervenire. Infatti fino a quel punto il loro unico strumento per bloccare i poteri di spesa che gli Stati sovrani avrebbero potuto usare a favore dei cittadini e delle piccole e medie imprese, era stata una propaganda ideologica attraverso il Piano di Contiguità. In Europa la ‘soluzione finale’ per la distruzione della sovranità legislativa e di spesa degli Stati (la UE dei tecnocrati non eletti e l’Euro) era ancora un progetto del futuro distante. Bastava un incidente di percorso per mandare all’aria il piano delle elite, come il sorgere di un movimento popolare che avesse divulgato il complotto, o il lavoro di un giornalista coraggioso che avesse capito come i dogmi Neoliberisti ci stavano ammazzando dietro una maschera di finto progresso. Un nuovo John Maynard Keyness avrebbe potuto emergere con carisma e scardinare la macchina teorica dei manovratori occulti. Insomma, essi pensarono che occorreva qualcosa di potente che cementasse il loro crescente controllo della politica in qualcosa di inattaccabile, e che oltre tutto convincesse anche la gente comune ad accettare i loro dogmi come non solo virtuosi, ma proprio inevitabili. Ad accettare cioè “la singola ideologia del sacrificio” (17).
E allora si inventarono dei fantasmi… o meglio, ne rilanciarono dei vecchi. La loro abilità fu nel saper divulgare con precisione alcuni concetti-spauracchio pensati per far presa immediata sia sulla gente che sui politici. Dovevano apparire di buon senso, ma anche istillare paura. Eccoli.
Fantasma 1: l’inflazione.
Milton Friedman lavorò sulla minaccia dell’inflazione e la rese ancora più inquietante. Prese in considerazione la teoria della Curva di Phillip che sostiene che se si abbassa la disoccupazione si ottiene una aumento proporzionale dell’inflazione (più stipendi che circolano, più soldi nel sistema = inflazione). Friedman sostanzialmente disse che no, Phillip aveva torto, nel senso che la sua era una predizione troppo benigna. L’inflazione, secondo lui, non solo sarebbe seguita un aumento di occupazione, ma sarebbe aumentata in proporzione molto di più, col rischio di finire fuori controllo. Questa sua idea apparve catastrofica ai politici, e il fantasma dei cittadini che si portano in giro valige di contante per comprare un chilo di pane divenne di comune dominio. Friedman di conseguenza sentenziò che un ‘naturale’ livello di disoccupazione doveva necessariamente esistere per evitare tale disastro. Peccato che questa idea fosse falsa, assieme alla Curva di Phillip, e oggi diverse scuole di economia fra cui la Modern Money Theory lo hanno dimostrato con autorevolezza. Peccato che milioni di persone soffrirono per questa follia, e peccato che dopotutto non fosse affatto follia ma un piano calcolato per ottenere il solito risultato: impedire agli Stati di operare la Spesa a Deficit Positiva per ottenere la piena occupazione e dunque una cittadinanza forte. Va ricordato che anche con la piena occupazione l’inflazione si tiene sotto controllo proprio per l’aumento di produttività che la maggior forza lavoro crea. Poi si possono aumentare le tasse se necessario, e molto altro. Solo quando la piena occupazione porta il sistema al suo limite produttivo esiste un pericolo di inflazione, ma questa evenienza è ancora lungi dal verificarsi in qualsiasi nazione. Tuttavia da allora qualsiasi accenno a un programma nazionale di occupazione piena fu bandito dal vocabolario politico, senza speranza.
Fantasma 2: l’Isteria da Deficit.
Di seguito venne il fantasma del deficit. “Gli Stati sono come famiglie, e come le sagge famiglie essi non devono spendere più di quanto guadagnano”. Ricordate questo? Era lo slogan di estrema efficacia che fu ‘venduto’ al pubblico e ai politici per nascondergli i vitali benefici della Spesa a Deficit Positiva, come già detto. Infatti i deficit divennero una bestemmia in economia, specialmente quando ci fu detto che i deficit sono un debito per noi cittadini. Era una menzogna, che ignorò di proposito che negli Stati con moneta sovrana il deficit è precisamente il credito dei cittadini, ciò che i cittadini posseggono in termini di beni finanziari al netto che il governo gli accredita sui conti correnti quando spende. Drammaticamente, invece, milioni di elettori vissero e vivono oggi angosciati da allarmi isterici come “… ogni singola famiglia ha sulle spalle un debito di tot da ripagare… I nostri figli nascono con un peccato originale di debito che si porteranno nel futuro!…”. Sono fantasmi, solo fantasmi, e infatti l’Isteria da Deficit ha oggi infettato tutto il mondo nonostante sia “una superstizione (…), una religione arcaica per spaventare la gente con dei miti, affinché si comportino in un modo accettabile dal sistema civile”, nelle parole del premio Nobel Paul Samuelson (18). Ma lo scopo delle elite fu ottenuto: cementare il soffocamento della Spesa a Deficit Positiva a favore del pubblico, di nuovo senza speranza. Ora rammentiamoci dei nomi degli economisti principali responsabili per questo inganno: Robert Lucas, Tom Sargent, Neil Wallace (scuola New Classical), Jude Wanniski, George Gilder (Supply Siders), Greg Mankiw (New Keynesian conservatore), e poi opinionisti di moda come Carmen Reinhart and Kenneth Rogoff. Randall Wray, capo economista delle scuola MMT ci spiega: “Questi economisti si sono infiltrati nella macroeconomia con le loro idee di microeconomia, sostenendo che l’economia consiste di individui che si assommano e gli individui si comportano in modo microeconomico” (19).
L’odierna ondata di depressione economica che sta spazzando l’Europa e gli USA è direttamente comandata da quanto descritto sopra, perché i mali della crisi finanziaria potevano essere curati con una iniezione di Spesa a Deficit Positiva a tutto campo. Gli USA lo fecero dopo la seconda guerra mondiale, quando il loro deficit viaggiavano normalmente sul 25% del PIL, e questo gli regalò il ventennio di ricchezza più spettacolare di tutta la sua storia, che fra l’altro fu riversata nell’Europa distrutta e ci sollevò dal disastro. Non esagero se affermo che questi fantasmi si infiltrarono nella psiche collettiva sia della gente che dei politici come acqua sulla spugna. E le elite si sentirono al sicuro.
Un bonus inaspettato
L’alba degli anni ’90 offrì alle elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste un’apertura di proporzioni storiche, poiché proprio mentre si preparavano per lo sprint finale del loro piano, l’Unione Sovietica collassò.
Per comprendere meglio quanto segue, rivediamo la parte Neomercantile di questo piano. I Neomercantilisti hanno lavorato per bloccare la Spesa a Deficit Positiva così da creare disoccupazione e una precarietà economica costante che poi giustificasse stipendi più bassi, lavoro precario e infine erosione dei diritti dei lavoratori. Da ciò essi speravano di ottenere una ‘armata di riserva’ dei disoccupati e sottoccupati che permettesse alle multinazionali di impiegare lavoratori a costi bassi anche qui in Occidente per competere nell’export internazionale. Questo volevano e lo hanno ottenuto attraverso il piano di cui questo saggio parla. Ma poi l’impero sovietico crollò nell’arco di pochi mesi, le porte dell’est europeo si spalancarono ai falchi del Libero Mercato e dietro di esse c’erano masse di miserabili sbandati disposti a lavorare per pochi centesimi, assieme a intere economie da spolpare. I Neomercantilisti d’Europa non avevano mai sognato nulla del genere. E’ ovvio che non sto dicendo che le dittature comuniste erano in alcun modo raccomandabili, ma lo sfruttamento di quelle genti che seguì il loro crollo è stato moralmente rivoltante.
Si consideri solo (per motivi di spazio) la disintegrazione della Yugoslavia e i massacri che ne sono seguiti. E’ uno dei capitoli più disgustosi del piano che si ricordi. Non ci dimentichiamo che fu la Germania, che è il potere Neomercantile numero uno del mondo sempre alla ricerca di lavoro sottopagato per il suo colossale settore export, a riconoscere prematuramente l’indipendenza della Slovenia. Questo precipitò il conflitto. Milosevic era senza dubbio un uomo pericoloso e senza scrupoli, ma fu incastrato dalla NATO che aveva deciso la colonizzazione della forza lavoro yugoslava. Fonti governative britanniche hanno rivelato che gli accordi di pace di Rambouillet furono truccati di proposito proprio per causare il rifiuto di Milosevic e giustificare l’intervento esterno. Negli accordi fu inserito all’ultimo minuto un Annex B che pretendeva che la NATO potesse occupare tutto il territorio yugoslavo come precondizione alle trattative. Una pretesa assurda che nessun leader nazionale avrebbe mai accettato, come ammise in testimonianza l’allora ministro inglese per gli armamenti Lord John Gilbert: “Se chiedete la mia opinione, penso che i termini posti a Milosevic a Rambouillet erano assolutamente intollerabili; come poteva accettarli? E l’hanno fatto di proposito” (20). Negli stessi accordi, all’art. 1&2 del capitolo 4, c’è una menzione specifica del Kosovo, ricco di minerali, che doveva diventare “una economia di Libero Mercato (..) dove tutti i beni statali dovranno essere privatizzati”. A non fu la NATO che nel 1999 portò l’attacco al Kosovo con il pretesto di salvare i poveri albanesi dai serbi? Certo, ma allora perché secondo dati ufficiali i bombardieri della NATO colpirono solo 14 carri armati serbi ma un gran totale di 372 industrie di Stato kosovare? Perché il più potente blitz delle forze di terra NATO in Kosovo impiegò 2.900 soldati per assaltare il complesso minerario di Trepca il cui valore di mercato era di 5 miliardi di dollari? Gli albanesi non videro mai nulla del genere dare l’assalto ai militari serbi. A Trepca tutto il management statale e i lavoratori furono espulsi, e da lì a poco uno dei primi decreti della nuova amministrazione ONU in Kosovo (UNMIK) abolì la legge sulle privatizzazioni del 1997 per permettere la proprietà straniera di qualsiasi bene kosovaro fino al 70% del valore (21).
Insomma, ciò che gli americani hanno trovato nel loro “giardino di casa” del Centro America attraverso i vari accordi di libero scambio, gli europei neomercantili hanno trovato nell’Europa dell’est con il collasso dell’URSS. La scandalosa storia della colonizzazione Neoliberista di quei Paesi con dosi massicce di “Shock Therapy” in economia (si veda i piani di Jeffrey Sachs per la Polonia e i programmi di aggiustamento strutturale del FMI in tutto l’est Europa) è stata raccontata da molti economisti autorevoli come il Nobel Joseph Stiglitz (22), e persino da ricerche scientifiche come quella pubblicata sul Lancet, che hanno analizzato il disastro umanitario causato dal Neoliberismo in versione post sovietica con drammatici dettagli (23). Si trattava naturalmente solo di accaparrarsi i beni pubblici di quei Paesi e di trovare masse di lavoratori da sottopagare, come ha scritto l’economista Michael Hudson: “Queste politiche distruttive sono state testate soprattutto nei Paesi baltici, vere e proprie cavie per vedere fino a che punto i lavoratori potevano essere schiacciati prima che si ribellassero. La Lettonia applicò liberamente le politiche Neoliberiste con tasse fisse sul lavoro al 51%, mentre l’immobiliare rimaneva intoccato. Gli stipendi pubblici furono ridotti del 30% causando massiccia emigrazione (…) La vita media maschile si è accorciata, le malattie sono in crescita, e il mercato interno è avvizzito..” (24).
In Estonia le cose non sono migliori, con un crollo del PIL del 20% e un balzo della disoccupazione dal 2 al 15,5 % (25). Ed è un segno dell’inganno Neoliberista che il Financial Times, consapevole del disastro estone, abbia commentato come segue: “Anche se l’Estonia soffre ancora di alta disoccupazione, le leggi sulle tasse e sul lavoro sono molto pro-business e quindi facilmente sosterranno la ripresa nazionale” (26).
Ma la fine della guerra fredda portò doni alle elite anche in Paesi del tutto avanzati. E’ il caso dell’Italia. Nell’arco di un attimo (in termini storici) la scomparsa del pericolo comunista dell’est tolse a Washington ogni motivo per continuare a sostenere il vecchio apparato politico italiano, che era visto dal Dipartimento di Stato USA come un necessario baluardo contro il pericolo rosso, seppur troppo statalista per gli alfieri del Libero Mercato americani. Morta l’URSS, la Casa Bianca staccò la spina a Roma… ergo Tangentopoli, i governi tecnici, e il centrosinistra prodiano/d’alemiano di feroce tendenza Neoliberista. Di seguito alcuni accenni, con le sanguinose conseguenze per la solita gente comune.
Note
1) (The Economist, The world’s water coolers, Jan 20, 2011)
2) (L. Randall Wray è Professore di Economia e Research Director del CFEPS presso la University of Missouri, Kansas City, ed è anche Senior Scholar at The Levy Economics Institute of Bard College. Il testo fondamentale sulla MMT è Understanding Modern Money: The Key to Full Employment and Price Stability, Wray, L. R. 1998. Edward Elgar)
3) (email a Prof. Alain Parguez, Università di Besancon, Francia, 2010)
4) (una spiegazione su cosa siano le tasse si può vedere il MMT Primer su http://neweconomicperspectives.blogspot.com , ma anche la Parte Tecnica nel saggio)
5) (si veda il MMT Primer su New Economic Perspectives at http://neweconomicperspectives.blogspot.com , ma anche la Parte Tecnica nel saggio)
6) (uno dei più autorevoli studi su questo è The Lisbon Treaty, the readable version, second edition, di Jens-Peter Bonde, Foundation for EU Democracy, 2009. Nella nota N. 50 c’è il testo legale di questo principio)
7) (Lippmann, Walter, The Phantom Public, 1925)
8) (The Historic Roots of the Neoliberal Program, John F. Henry, Journal of Economic Issues, Vol. XLIV, June 2010)
9) (The Tragic and Hidden History of the European Monetary Union, Alain Parguez, 2009)
10) (Philip Mirowsky, Dieter Plehwe, The Road from Mont Pèlerin, Harvard Univ.Press, 2009)
11) (John F. Henry, The Ideology of the Laissez Faire Program, Journal of Economic Issues, Vol. XLII, March 2008)
12) (Philip Mirowsky, Dieter Plehwe, The Road from Mont Pèlerin, Harvard Univ.Press, 2009)
13) (Paolo Barnard, I Globalizzatori, Report, RAI TV, RAI3, 2000)
14) (http://reclaimdemocracy.org/corporate_accountability/powell_memo_lewis.html)
15) (David Bollier, Silent Theft, Routledge 2003)
16) (in conversazione con l’autore, Marzo 2011)
17) (The Tragic and Hidden History of the European Monetary Union, Alain Parguez, 2009)
18) (Marc Blaug, John Maynard Keynes, Life, Ideas, Legacy, 1995)
19) (in conversazione con l’autore, April 2011)
20) (Defence Select Committee of the House of Commons, UK, testimonianza raccolta il 20 Giugno 2000)
21) (Neil Clark, The spoils of another war, The Guardian, September 21, 2004)
22) (si veda http://www.guardian.co.uk/world/2003/apr/09/russia.artsandhumanities)
23) (Mass Privatization and the Post Communist Mortality Crisis: a Cross National Analysis, David Stuckler, Lawrence King, Martin McKee, The Lancet, January 15th, 2009)
24) (si veda http://neweconomicperspectives.blogspot.com/2010/09/while-labor-unions-celebrate-anti.html)
25) (Mark Weisbrot, Baltic Countries Show What Greece May Look Forward To If It Follows EC/IMF Advice, The Guardian, May 1, 2010)
26) (Euro falls as Estonia joins the Eurozone, FT, 3 Gennaio 2011)
Gli economisti consulenti di questo saggio:
L. Randall Wray, Professor of Economics, Research Director of CFEPS at the University of Missouri – Kansas City, and Senior Scholar at The Levy Economics Institute of Bard College
Stephanie Kelton, Associate Professor of Macroeconomics, Finance, and Money and Banking, Senior Scholar at The Center for Full Employment and Price Stability (CFEPS), University of Missouri – Kansas City
Bill Mitchell, Research Professor in Economics and Director of the Centre of Full Employment and Equity (CofFEE), at the University of Newcastle, NSW Australia.
Alain Parguez, Professore Emerito di economia all’Università di Besancon, Francia, consulente della European Investment Bank del Lussemburgo e associato al Jerome Levy Economics Institute, USA.
Warren Mosler, International Consulting Economist and blogger at The Center of the Universe, Associate Fellow, University of Newcastle, Australia
John F. Henry, Department of Economics University of Missouri-Kansas City.
Mario Seccareccia, Professore di Economia, Department of Economics, University of Ottawa
Joseph Halevi, Professore di Economia all’Università di Sydney, Australia.
William K. Black, J.D., Ph.D. Associate Professor of Law and Economics at the University of Missouri-Kansas City. Testimone presso il Senate Agricultural Committee on the regulation of financial derivatives e la House Governance Committee on the regulation of executive compensation, USA.
Olivier Giovannoni, Visiting Lecturer at the Department of Economics at the University of Texas at Austin. Ph.D. in economics from the University of Nice, France.
Pavlina Tcherneva, Assistant Professor of Economics at Franklin and Marshall College, Senior Research Associate at CFEPS and Research Associate at The Levy Economics Institute of Bard College.
Bibliografia e fonti
Prima fonte: ventisette ore di consulenze registrate in otto mesi con i sopraccitati economisti.
Poi:
Understanding Modern Money: The Key to Full Employment and Price Stability, Wray, L. R. 1998. Edward Elgar
Money and Credit in Capitalist Economies: The Endogenous Money Approach, Aldershot, Wray, L.R. 1990. Edward Elgar
Endgame for the Euro? Public Policy Brief, N. 113, 2010, Levy Economics Institute of Bard College, Dimitri Papadimitriou, L. Randall Wray, Yeva Nersisyan
The Road from Mont Pèlerin, The Making of the Neoliberal Collective, by Philip Mirowski, Dieter Plehwe, Harvard Univerity Press, Cambridge Massachussets, London 2009
The tragic and hidden history of the European Monetary Union, © Alain Parguez, November 2009, presentazione al Centre for European studies (University of Massachusetts, Boston, Harbour campus)
The Historic Roots of the Neoliberal Program, John F. Henry, Journal of Economic Issues, N.2 Giugno 2010
The Ideology of Laissez Faire Program, John F. Henry, Journal of Economic Issues, N.1 Marzo 2008
Does Excessive Sovereign Debt Really Hurt Growth? A Critique of This Time is Different, by Reinhart and Rogoff, Levy Working Paper, Yeva Nersisyan and L. Randall Wray 2010
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Unemployment and Fiscal Policy, Unemployment: The Tip of the Iceberg, William Mitchell and Ellen Carlson (eds.), pp. 219-231, CAER: Sydney, 2001.
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Mille euro in più in un anno, i debiti delle famiglie italiane, La Repubblica 14/8/2010
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Privatizzare è bello, Cinzia Arruzza, ATTAC Italia, Forum Sociale Europeo, 8/11/2002
Acqua, rifiuti, trasporti: tutti i servizi pubblici locali ai privati, Marco Bersani, ATTAC Italia, 11/9/2009
XXIV Indagine, Osservatorio Demos-Cop sul Capitale Sociale, 23/12/2009
Rapporto di giugno, Osservatorio CIG Dipartimento Settori Produttivi CIGL, Repubblica 17/7/2010
Indagine annuale Istat su reddito e condizioni di vita, ultimo trimestre 2008
Rapporto fra gli italiani e il SSN, Censis, 22/12/2009
Supplemento Bollettino Statistico Banca d’Italia, 16/12/2009
Lectio Magistralis facoltà di statistica Università di Padova, Mario Draghi, 18/12/2009
Rapporto Plus, Isfol, anticipazione del 2/12/2007
Gli italiani e il risparmio, ACRI e Ipsos nella Giornata Mondiale del Risparmio, 6/12/20007
Osservatorio trimestrale sulla crisi d’impresa, Cerved Group, 7/12/2009
Italy: State Aid to Italian Banking system, rapporto della Commissione Europea 2/9/2009
Government Bailout of Banks as a Percentage of GDP, The Wall Street Journal, 20/10/2009
Istat, boom del lavoro intermittente, Repubblica, 26/8/2010
4 Banks Face Trial in Italy Over Interest-Rate Swaps, The New York Times, 17 marzo 2010
Lo swap sui tassi d’interesse, o interest rates swap (IRS), di Riccardo Grotti Tedeschi, Direttore Dipartimento Economia, Diritto ed Istituzioni del Centro Tocqueville-Acton
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How to Implement True, Full Employment, in Proceedings of the 53rd Annual Meeting of the Industrial Relations Research Association, 2001
The War on Poverty Forty Years On, (co-autrice Stephanie Bell), in Challenge, September-October 2004, vol 47, no. 5, pp. 6-29.
Demand Constraints and Big Government, the Journal of Economic Issues vol xlii, no 1, March 2008, pp. 153-173
A Post Keynesian View of Central Bank Independence, Policy Targets, and the Rules versus Discretion Debate, 2007, Journal of Post Keynesian Economics, vol 30, no 1, pp. 119-141.