Le figure del risorgimento senza risorgimentitori
ovvero i personaggi del risorgimento visti dai loro contemporanei
di Duilio Chiarle
Nessun periodo della storia d’Italia è tanto ricco di esagerazioni quanto il risorgimento. Alcuni utilizzano addirittura la “R” maiuscola, sorta di santificazione di tutto il periodo storico. Noi sappiamo che i primi patrioti erano decisamente isolati, come ben dimostrano le prime insurrezioni, la rivolta del 1848, l’impresa di Sapri e tante altre. Se è vero però che la storia la scrivono i vincitori, è anche vero che non tutti i vincitori vedono le cose con la medesima ottica e che non tutti quelli che scrivono di storia hanno combattuto dalla stessa parte.
Partendo da questo assioma, è iniziata una ricerca di autori che hanno scritto di personaggi del risorgimento che hanno conosciuto personalmente, le loro impressioni corredate dall’ambiente in cui questi personaggi erano accolti o rigettati a seconda del tempo e del luogo. Abbiamo quindi: Felice Orsini (fu ghigliottinato per l’attentato a Napoleone III) visto in modo inconsueto da Pellegrino Artusi, il grande gastronomo; l’incredibile episodio (praticamente ignoto) della vita di Giuseppe Garibaldi quando si trovò di fronte ad un suo veterano malato di un male ripugnante; la visione che ha di Nino Nino Bixio e dei Ministri del Regno d’Italia il primo criminologo (Lombroso). Uno dei punti più inconsueti del libro tratta di alcuni carbonari visti dal boia che ne ha eseguito la condanna che descrive anche la reazione del popolo all’avvenimento: favorevole in un luogo, rabbiosa in un altro; insomma, in alcuni momenti storici la carboneria non era vista meglio di come oggi vediamo noi Al Qaeda. Ma questa visione è cambiata rapidamente, al punto che la retorica nazionale santifica tutti indistintamente, senza distinzioni. Il punto di vista dei contemporanei fa la differenza ed a volte ci racconta di loro qualcosa che la roboante supponenza del patriottismo tenta disperatamente di nasconderci.
Nel libro(1) è inclusa anche una polemica su Giacomo Leopardi che non fu eroe del risorgimento ma che per la grandezza della sua arte fece discutere molto i contemporanei.
Come si vede chiaramente da alcuni scritti, i popoli che poi formarono il Regno d’Italia non erano sempre favorevoli ai patrioti, anzi, a volte erano decisamente ostili, come ad esempio proprio nel caso dell’impresa di Pisacane, dei fratelli Bandiera: la gente collaborò attivamente al loro massacro con grande zelo, a volte a colpi di forcone. Gli stessi popoli che furono poi sottoposti alla truffa del plebiscito, il cui esito era ovviamente scontato: chi aveva servito il monarca locale semplicemente era impedito nel voto, per non parlare di quei luoghi in cui il voto non era segreto affatto e si doveva scegliere di fronte ad un soldato armato di tutto punto (votare contro esponeva a vendette e ritorsioni oltre che esporre a bastonate, insulti e sputi).
I primi carbonari erano troppo colti, troppo intellettuali, troppo distanti dalla gente per essere compresi. Mazzini tramò tutta la vita per ottenere un’Italia unita e un’Europa unita e finè invece per essere seppellito addirittura sotto falso nome, mentre Bixio divenne generale e Crispi addirittura Presidente del Consiglio. Nievo sparì misteriosamente con una intera nave e con i documenti dell’impresa dei mille. Garibaldi fu deputato ma non riuscì a sopportare le ruberie dei politici del primo parlamento italiano e se ne andò sbattendo la porta dichiarando che tanti malfattori tutti insieme non li aveva mai visti.
Insomma, c’è tanto materiale, ancora tutto da scoprire. E, ovviamente, il lavoro è destinato a continuare ed a suscitare discussioni e polemiche.