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Lo schiaffo alla Scuola

C’è un Paese in cui le madri dei ragazzi bocciati prendono a schiaffi gli insegnanti. È un Paese che ha esaurito la speranza, che ha raggiunto il punto più basso del suo tracollo.

È il Paese in cui, ogni volta che un nuovo Ministro dell’Istruzione si affaccia alle finestre del potere, viene ribadita l’urgenza di restituire dignità ai docenti. Salvo poi continuare instillare nella gente la sfiducia, il sospetto, il discredito nei confronti di chi insegna.

Nel Paese in vetrina - in cui nessuno può fallire, in cui conta solo la facciata, l’immagine, la reputazione pubblica - una bocciatura è considerata una sconfitta, un insuccesso da cancellare, un vero affronto, un’ingiustizia da vendicare.

Il Paese degli insegnanti costantemente ricattati dall’eventualità di un ricorso, dei professori che finiscono in Presidenza se danno un quattro, che devono fornire spiegazioni se la percentuale dei respinti dell’Istituto aumenta rispetto all’anno prima, che quando escono da scuola debbono sperare che nessuno li stia aspettando per picchiarli, è il Paese della notte più nera.

In questo Paese si dà per scontato che chi insegna lo sappia fare peggio di tutti gli altri, un po’ come succede con il commissario tecnico della nazionale. Si guarda al docente come a chi ruba lo stipendio, come a chi lavora il meno possibile, “non produce” e costituisce un peso sulle spalle “dell’Italia che lavora”. Per questo motivo, ad esempio, a un docente che si ammala viene decurtata, a priori, una parte di stipendio. Perché sicuramente mente, perché sicuramente sta a casa perché non ha voglia di lavorare.

Il Paese in cui l’insegnante viene sbeffeggiato da tutti è lo stesso in cui vengono messe in dubbio la sua preparazione, la sua valutazione, le sue verifiche, i suoi metodi. Con una mano si indica ipocritamente il cammino verso una rinnovata dignità dei docenti, con l’altra ci si affretta a potenziare enti ed organismi di controllo ben poco pubblici, ben poco super partes, atti a valutare i docenti tramite quiz automatici sottoposti ai loro alunni. Quiz che prescindono dalle scelte didattiche operate dai professori, quiz che abituano i giovani a crocettare sempre più e ad esprimersi sempre meno. Test i cui risultati pesano sui successivi finanziamenti erogati alle singole scuole, con buona pace dei Dirigenti Scolastici, per questo motivo tutti schierati col Ministero.

La scuola presa a schiaffi da genitori, alunni, ministri e ispettori, è la scuola delle certificazioni, dei voti trasformati in punteggi, la scuola delle “competenze” da privilegiare alle conoscenze. È la scuola dei saperi minimi, dei premi in denaro ai migliori, del precariato usa e getta, dei laboratori chiusi e delle aule fatiscenti, senza lavagne ma munite di tablet.

Tutto sommato, a ben pensarci, è una scuola che uno schiaffo se lo merita eccome.

Non fosse che, ancora una volta, a prenderselo è il solito insegnante.