Lettera di un professore
27 novembre 2024
Buonasera Prof. Ratto,
sono un collega di scuola e la contatto dalla Calabria.
Lavoro in una piccola scuola di provincia in cui credevo, a torto, di trovare un ambiente leggermente più sano rispetto alla realtà delle grandi città. A distanza di tre anni dal mio trasferimento devo invece amaramente constatare come anche questa scuola, nel suo piccolo, si comporti come una cassa di risonanza senza filtro della più becera ed insulsa propaganda spinta dalle centrali del potere ed incanalata all’interno delle istituzioni.
Ho avuto diversi diverbi con i vice ed anche con la dirigente in cui ho criticato le varie iniziative di “ampliamento dell’offerta formativa” con prestiti del “piano di ripresa e resilienza”, i progetti di “digitalizzazione”, ecc... che mi hanno spinto verso una sorta di “isolamento”. La mia proposta di rifiutare in toto finanziamenti vincolanti all’acquisto di strumenti od alla realizzazione di attività che nulla hanno a che fare con la didattica e che anzi spesso la ostacolano, sono state accolte con stupore ed antipatia: ogni tentativo di giustificazione delle mie posizioni si è scontrato con un fatale “there is no alternative”, manco stessi parlando con tante piccole Thatcher!
Sabato scorso l’ultimo scontro con i colleghi in sala docenti: appena arrivato apprendo dall’avanzatissimo “registro elettronico” che Lunedì avrei dovuto accompagnare i ragazzi presso l’auditorium, dove appositi esperti/psicologi/parapsicologi avrebbero istruito le giovani donne a riconoscere gli atti ostili e a difendersi dai cattivissimi uomini violenti, e allora mi girano! Dico ai ragazzi che io non li avrei accompagnati proprio da nessuna parte a dispetto di qualunque ordine dall’alto. Cerco di intavolare una discussione su come la mercificazione dell’immagine femminile trafficata sulle tv, sui media e sui social, possa conciliare con un vacuo richiamo a fermare la violenza sulle donne. Le ragazze più fashion si sentono subito attaccate, caricano i fucili, e sparano che il post di una foto provocatoria sui propri profili non deve autorizzare proprio nessuno ad usare violenza. Rispondo che l’uso della violenza è sicuramente ingiustificato, ma che comunque dovrebbero essere impensierite dal condividere le proprie immagini sensibili sulla rete dove qualunque psicopatico/a può farne l’uso che più gradisce o cercare di adescarle. Aggiungo inoltre che i primi a dover essere preoccupati dovrebbero essere proprio i genitori che invece forniscono loro tali strumenti e a volte spingono verso l’adorazione di modelli futili e vuoti. Mai lo avessi detto! Ora mi trovo puntati addosso sguardi indignati per il fatto di aver osato addirittura coinvolgere i genitori! Loro sono libere ed emancipate, possono fare ciò che vogliono e tutti devono adorarle! Chi sono io per criticare la nuova realtà! Nel frattempo un ragazzo della classe chiede alle compagne se hanno mai pensato che il loro modo di vestire nella passerella del “corso” nelle serate di sabato possa indurre qualcuno ad avvicinarle convinto, fraintendendo si intende, di trovarci una di costumi non troppo difficili ed innescando l’equivoco, poiché convinti di poter non solo guardare. Gli altri ragazzi supportano l’intervento con ovazioni tra lo sdegno delle compagne inorridite. Parte la bagarre. Con non poche difficoltà blocco tutto partendo con la lezione sul ciclo Otto.
Esco dalla classe frustrato dal fatto di non essere riuscito a proporre una discussione costruttiva che invece è avvelenata da preconcetti da parte femminile circa la malvagità intrinseca dell’uomo. In aula docenti incontro i colleghi che già litigano a causa dell’incontro di Lunedì. Infatti due di loro non vogliono perdere ore a causa di una iniziativa inutile a contrastare la “violenza sulle donne” e si scontrano con un referente di plesso. Mi inserisco nel discorso dicendo che, per prima cosa, bisognerebbe capire se veramente esiste una tale emergenza o se al contrario è solo una delle narrazioni gonfiate che nascondono secondi fini. Chiedo: avete controllato quante sono le denunce alle questure e la loro natura? Ci sono anche molti episodi di violenza da parte di donne a carico di uomini, ma non viene data molta enfasi a queste notizie, aggiungo. Proprio i due colleghi che si oppongono all’incontro mi attaccano dicendo che l’emergenza c’è, punto. Le mie sono solo opinioni! Le mie sono opinioni, rispondo, come le vostre, fino a quando non portate prove a supporto! Sulla base delle vostre opinioni, continuo, ed erano opinioni, tre anni fa sono stato buttato fuori dalla scuola! Sempre sulla base di opinioni la scuola ha appoggiato la “transizione verde” a suon di batterie al litio con l’industria continentale che è andata a farsi fottere, urlo! E poi dato che vogliamo intraprendere una crociata contro la violenza, mi chiedo perché non una parola viene invece spesa per quello che succede in Medio Oriente o in Ucraina e Russia! Inoltre il costo dell’energia è alle stelle a causa di speculazioni e la povertà, qui da noi, aumenta vertiginosamente e non una parola neanche su questo! Mai possibile che in questa scuola si parli solo di cazzate e mai di cose serie! Questo modo di fare non si confà ad una Scuola e a dei docenti, concludo. Il litigio nella sala continua, io me ne vado senza neanche salutare.
Lunedì al rientro c’è un clima come di calma dopo la tempesta. L’evento è stato annullato e sostituito con la proiezione di un film in classe, solo nelle ore dei docenti disposti a consentirne la visione. Puntualizzo ai ragazzi che il mio dovere è sviluppare in loro il senso critico ed occuparmi dell’insegnamento della mia materia, non di fare il pagliaccio in un circo. Il problema è che sono stanco di questa continua guerra di trincea in quanto non riesco a discutere praticamente con nessuno qui. Anche i pochissimi colleghi che fanno opposizione a qualche iniziativa falliscono nell’intraprendere azioni incisive, come rinunciare ai “progetti” e lasciare tutto in mano alla dirigenza, rinunciano a cercare una visione d’insieme e comunque sono refrattari a mettere in discussione quelle narrazioni che ritengono basate senza ombra di dubbio su realtà fattuali. Ci vuole una salute di ferro per mantenere un minimo di coerenza in questo mondo e la mia mi sta mettendo in guardia dalle sollecitazioni. Probabilmente non avrei dovuto riprendere l’insegnamento dopo i fatti del 2021. Il sistema economico e sociale che sovrasta ogni cosa con il suo grigiore è così capillare da aver sovvertito completamente gli equilibri anche in un minuscolo paese collinare della Calabria, in cui mani operose coltivavano orti lungo terreni scoscesi con pazienza ed amore, giorno dopo giorno, al tempo delle stagioni. Adesso, mentre la boscaglia si è ripresa gli spazi ed i cinghiali vandalizzano ogni cosa, i monumentali ulivi sono oppressi dai continui trattamenti e stremati dall’uso degli scuotitori, spremuti fino all’osso per estrarne denaro. Il terreno è umiliato e lasciato all’incuria e le nuove generazioni, che io incontro in classe, nonché le famiglie, non vedono in esso la dimora delle proprie radici, il sostentamento alla propria Vita; il collegamento ancestrale con la nostra terra è reciso, essa è disprezzata. Su cosa posso basare la mia azione educativa in classe? Quale ruolo ci si aspetta io debba ricoprire?
Se ha tempo la prego di rispondere anche brevemente a questa mia lettera: sarebbe importante per me sapere che non sono completamente circondato da un impenetrabile muro di gomma, che c’è ancora dell’umanità al di là della mia cara famiglia.
La saluto con l’augurio di pace e serenità.
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Buongiorno, caro professore.
Non posso che rappresentarle tutto il mio affettuoso appoggio.
Ogni sua parola non fa che rievocare i tempi bui che anni fa ho vissuto in quegli ambienti strabordanti di pregiudizio e conformismo che, ormai, caratterizzano per definizione la scuola pubblica.
È stata dura. E come lei ben sottolinea, ho davvero rischiato di perderci la salute. È dura anche oggi, perché lo stesso genere di pregiudizi - soltanto di segno opposto ma ugualmente granitici e ignoranti - incontro anche nel cosiddetto mondo dell'informazione alternativa. Ma sono ancora libero di muovermi, di scrivere, di alzarmi ogni mattina e di portare avanti la mia opera all'ora che voglio, seguendo il Cuore ogni momento della giornata senza dover rendere conto a dirigenti, a ordinanze, a circolari e a colleghi invidiosi e allineati.
Non posso quindi che consigliarle di riflettere. Abbiamo tra le dita una vita soltanto, e il nostro Cuore ci chiede, ci supplica, di mantener alto lo sguardo e fiera la nostra Dignità.
Rifletta con calma, serenamente, se non sia il caso di smettere di buttar via la sua salute e il suo tempo, svendendoli a un velenoso e irrimediabilmente compromesso contesto, che non le permette più di svolgere la sua nobile Missione educativa.
E che, probabilmente, ha smesso di meritarla.
Un abbraccio sincero e affettuoso.
Coraggio!
Pietro Ratto
BoscoCeduo.it