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La faccenda delle Stelle

Mi presento: sono un insegnante. Saltuariamente, però, collaboro con un importante giornale, che ha un famoso Direttore.

Il Direttore scrive libri, l’ultimo dei quali spiega “cosa tiene accese le stelle”. È venuto a presentarlo proprio nella mia scuola, il mio Direttore! In una scuola in cui l’armonia ed il rispetto reciproco brillano, esattamente come gli astri in una notte d’agosto. In quell’importante giornale, ogni tanto, racconto la Scuola italiana.

Sì, è vero, io parlo di una Scuola trasformata in Azienda, di alunni diventati clienti, di insegnanti tramutati in impiegati. Il Direttore, però, non condivide granché le mie idee. Tutto sommato la scuola non va così male, pensa. Nel suo libro parla di ottimismo e di giovani che devono imparare a guardare positivamente il presente per ricominciare a credere nel futuro. D’altra parte ha sicuramente ragione.

Lui ha ben chiaro, molto più di me, cosa tenga accese le stelle.

Nella scuola in cui lavoro mi trovo tra colleghi che ho sempre apprezzato. Ma sono convinto che anche loro apprezzino me. All’inizio dell’anno, ad esempio, sono stato inseguito per un mese di fila da chi voleva organizzare un corso di Giornalismo da affidare proprio al sottoscritto, apostrofandomi come uno “stimato collega”. Mi ha fatto davvero piacere e giudico soltanto un caso il fatto che poi, una volta approvato il progetto che mi coinvolgeva, da taluni colleghi mi sia stato improvvisamente tolto il saluto. Com’è sicuramente casuale il fatto che di questo corso, a cui sembrava si tenesse così tanto, non si sia più parlato. A ben pensarci - ma senza dubbio non c’entra proprio nulla - avevo appena condiviso le opinioni di un collega, convinto che in uno Stato come dovrebbe essere il nostro, uno Stato laico, aconfessionale e multietnico, gli spazi di una scuola pubblica - finanziati con le tasse di credenti e non credenti, musulmani e cristiani, cattolici e protestanti, atei e buddisti.. - non debbano venir adibiti a luoghi di preghiera ad uso di una certa (per altro sempre la stessa), confessione religiosa. Credo con forza, infatti, che il Cristianesimo - a cui io stesso aderisco - debba smettere di accumulare privilegi di ogni sorta e debba tornare ad essere una mera questione di amore, rammentandosi della sua originaria natura.

La fede come scandalo, come rivoluzione contro i giochi di potere dei sepolcri imbiancati, come adesione ad un messaggio di pace, fratellanza e rispetto reciproco. Rispetto, anche per le Verità vissute e spiegate diversamente dalla mia. La fede cristiana che rende “liberi”, no?

A ben pensarci è vero, avevo appena firmato un documento che difendeva la laicità dello Stato, un documento che in buona parte appoggiavo. Ma sono davvero convinto che sia stato solo un caso che il corso di Giornalismo sia morto così, quello stesso giorno, senza nemmeno una spiegazione.

Vuoi mica dire che proprio chi vuole insegnare il Giornalismo ai ragazzi, non sappia tollerare opinioni diverse dalle sue? No, non è possibile, dai! Ho ripensato alla faccenda dell’ottimismo e delle stelle, e tutto mi è parso subito chiaro.

Qualcosa dovrà pur tenerle accese, mi sono detto.

Ma in questa scuola la mia esperienza giornalistica è davvero molto apprezzata. Al punto da essere stato subito assoldato dai ragazzi, che mi hanno chiesto di aiutarli a dar vita al loro Giornalino.

Ho accettato con un certo entusiasmo, convinto che potesse trattarsi di un’ottima occasione di crescita per tutti. Abbiamo perfino fatto una prima, sommaria, riunione di redazione! Poi è successo un fatto strano. Colleghi ed alunni hanno cominciato a fermarmi nei corridoi parlandomi di annuari scandalosi, di foto irriverenti fatte pubblicare da ragazzi con la testa vuota, di raffiche di denunce tra genitori e professori, professori e Preside, Preside e genitori..

Non ci ho capito molto, ma pareva volessero mettermi in guardia.

Si è trattato, però, sicuramente di un caso, visto che mi sembra del tutto incredibile che abbiano voluto paventarmi il rischio di venir denunciato a causa di qualche eventuale articolo più o meno offensivo, scritto dagli studenti. A ben pensarci, anzi, ciò da cui sono stato messo in guardia è stata l’eventualità di possibili “critiche” che i ragazzi avrebbero potuto inserire nel loro Giornalino.

Critiche che - manco a dirlo - avrebbero sortito sicuramente l’effetto di una caterva di querele a mio carico! Che dire... Sono davvero convinto che si tratti di pura casualità. Io, infatti, avevo soltanto fornito il mio contributo per aiutare i ragazzi ad imparare qualcosa di nuovo. Perché mai avrei dovuto aspettarmi, in cambio, qualche denuncia? E perché mai dovrebbe essere proibito criticare, per giunta nelle pagine di in un giornale, se ciò avvenisse nel rispetto totale che si deve a ciascuno?

Qual è la verità? Non si vogliono le "critiche" o non si vuole il Giornalino? Oppure si spera di cavalcarli entrambi, per rimpolpare le denunce?

No, dai, ho pensato. Non crederai mica che la Scuola italiana sia giunta al punto di insegnare ai suoi ragazzi a star zitti e a non esprimere il proprio parere, mi sono detto! Per giunta a proposito della realizzazione di un giornalino! No, dai. Ricordati le “stelle accese” del tuo Direttore. Qualcosa dovrà pur alimentarla, ‘sta cavolo di luce siderale!

Ad ulteriore riprova della stima di cui godo, mi è stato offerto di candidarmi come RSU in una lista.

Quante offerte, quest’anno! Lusingato, ho fatto però presente di non poter garantire la mia continuità, trovandomi, in questa scuola, in “assegnazione provvisoria” (tanto per cambiare: nella mia vita sono sempre "assegnato provvisoriamente", a qualsiasi cosa! Ma, a pensarci bene, non è così per tutti, alla fin fine?). Non fa nulla? Ok, allora ho accettato.

Con molti dubbi, certo, ma ho accettato. Sono anni che ti lamenti di ‘sta scuola, no? Così mi sono detto. Forse è arrivato il momento di mettersi alla prova. Poi ho saputo che alcuni colleghi hanno cercato di invalidare la mia candidatura, per altro sulla base della motivazione su cui io stesso avevo espresso le mie perplessità.

Mi è stato anche detto che, nel caso dovessi essere eletto, si cercherebbe di far invalidare la mia elezione. Il tutto - e ciò mi è stato spiegato con molta delicatezza - non per via di qualche sorta di ostilità nei miei confronti, “stimato collega” quale io di fatto sono, bensì per “non sprecare il voto”.

Sullo sfondo, manco a dirlo, tutta una serie di reciproche ostilità, da ricollegarsi alla solita raffica di querele di cui sopra.

Storie di rivalità che nulla hanno a che fare con l’alto ruolo educativo che tutti noi siamo chiamati a ricoprire. In effetti, mi dico, che cosa umiliante sarebbe, per me, venir eletto per poi assistere a tutta una serie di iniziative volte a sottrarmi un ruolo che non mi sono certo andato a cercare io, ma che ritengo comunque un servizio, da svolgere anche nell’interesse di quegli stessi colleghi (in realtà sempre gli stessi), che farebbero di tutto per cancellarlo. Non sarebbe molto meglio a questo punto, mi chiedo, annullare una lista che - a quanto pare - è da considerarsi illegittima? Molto meglio sarebbe, per me, non essere nemmeno votato, ho pensato.

Soprattutto se alla base di tutto c’è uno scontro che paralizza la scuola, il Consiglio d’Istituto, le buone intenzioni di chi - pur tra mille perplessità - accetta di dare la propria disponibilità ai colleghi. Uno scontro che sottrae ai ragazzi la possibilità di crescere e di sviluppare il proprio senso critico, uno scontro che semina terrore, che inibisce la libertà di espressione, che amplifica la faziosità.

Non può essere, ho pensato. Quale tipo di esempio daremmo ai nostri stessi alunni, se davvero le cose stessero così? In quale modo potremmo dirci davvero insegnanti, cosa mai avremmo, davvero, da trasmettere ai nostri giovani? E se davvero così fosse, non sarebbe meglio tornare ad occuparci del nostro comune ruolo di educatori, invece che affilare i coltelli e diffondere la paura?

Dopo tutto, proprio in questa scuola il Direttore di quel giornale è venuto a presentare il suo libro.

Lui, con il suo strascico di astri illuminati, applaudito con commozione da querelanti e querelati.

Ma l’ottimismo resta un dovere morale, di questi tempi. E il Direttore, a differenza di me, ne conosce molto bene l’inesauribile luce.

La quale, nonostante le apparenze, tiene accese le stelle.

22 febbraio 2012