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Il Merito della scuola (Pensieri intorno a una culla)

La carta vetrata scivola sulle venature del legno, le amalgama in abbracci più morbidi al tatto.

Adoro questo profumo di segatura e resina che respiro, costruendo i miei mobili, nel tempo libero tra una mattina di lezione e l’altra. Questa è la volta di una culla per la nostra bimba, presto tra noi. E quel senso di responsabilità, quel pizzico di paura di sbagliare qualcosa, ora si intreccia alle mille domande che da mesi mi faccio. Come sarà, che persona sarà, la mia bimba che nasce?

Il tempo in cui viviamo è strano, anche qui, nel silenzio di un bosco, si è invasi dalle voci metalliche di un televisore. Si distinguono chiare le parole di due politici. Litigano su tutto, si urlano addosso ripetendo entrambi una stessa frase mille volte, in un ciclo ossessivo teso solo a coprire la voce dell'altro, a non far dire...

Se non altro lo stucco ha aderito bene, penso: sembra lisciato a sufficienza. Rende la superficie più compatta, lo stucco, dona all'occhio un senso di armonia, una piacevole illusione di natura domata...

Le due voci imperversano, si soffocano reciprocamente rovesciandosi addosso ogni miseria. Poi, a un tratto, sembrano quietarsi, farsi pacate, lasciar più respiro al bosco: tendo le orecchie, la mano accarezza il legno. Sembrano improvvisamente d'accordo su un punto, le due vocine: tutto d'un tratto entrambe accarezzano come reliquia una stessa parola: “Ah, sì, su questo punto siamo d'accordo!”. La parola magica, che mette pace, è: Meritocrazia.

Funziona un po' come quando dai la finitura al legno senza averlo piallato bene. Fai prima, e sembra tutto più facile. Poi, però, la sconti per gli anni a venire, l'occhio sempre fisso al difetto, ormai incorreggibile. Meritocrazia: un concetto facile, sbrigativo. Maggior potere al merito, a chi lavora meglio e di più. Cominci a premiare chi si sbatte davvero. In un attimo via le code agli sportelli, via le tenaglie dalla pancia dei pazienti operati, via i baroni dalle Università!

Penso alla finitura per la mia culla, la mano corre liscia sui nodi... Fantozziana visione: il Preside mi premia in Aula Magna. “Il prof. Ratto ha lavorato meglio e si è meritato un aumento!”. I colleghi spiano da sotto gli occhiali, invidiosi...

Questo davvero voglio? No, no. Non mi interessa guadagnare di più da questo lavoro; non ho mai capito le lamentele di insegnanti che richiedono aumenti. Gli impegni pomeridiani si moltiplicano di anno in anno, i nostri pomeriggi a volte trascorrono tra pile di compiti da correggere, ma siamo ancora abbastanza liberi, liberi di vivere la nostra vita e di continuare a imparare.

Il vero insegnante è appassionato, fatica ma non lavora davvero. Da metà anno supplica i colleghi di imprestargli ore per lavorare di più, per finire il programma. “Sono ancora a Schopenhauer”... “Come faccio a non fare Pasolini?” … “Mi manca la Guerra Fredda”. Dove lo trovi un altro così? Dove lo trovi uno che lavora gratis pur di finire il programma da svolgere nell’anno? No, no. Il vero insegnante rincorre un ideale che poco ha a che fare con lo stipendio. Perché mai dovrei fare meglio il mio lavoro in cambio di un po' di soldi in più, o di un qualche riconoscimento o che so io?

Meritocrazia. Brutta, brutta parola a pensarci. Riempie la bocca dei ministri e pare un toccasana. Ma significa di nuovo comprare la gente, significa chiedere maggior qualità in cambio di soldi. Non mi interessa un impiegato delle poste che mi sorrida per venti euro in più. Non voglio un medico che mi stia ascoltare per un avanzamento in carriera. Tutto sommato li pago io, e ho una dignità da difendere.

Serve ben altro alla nostra società, mie belle vocine metalliche. Serve una scuola che sappia insegnare ad amare la propria vita e, quindi, anche il proprio lavoro; che metta voglia di imparare. Serve un scuola che smetta di fare “orientamento” spostando masse di alunni da una facoltà all'altra solo per soldi o per possibilità di occupazione.

Cosa me ne faccio, cosa ce ne facciamo di una società in cui ognuno lavora solo per soldi? Quale mai sarà la qualità di lavoro di un carrozziere che avrebbe voluto fare il medico, o di un medico che odia il suo lavoro e ama le automobili?

Tutta colpa nostra. Creiamo persone interessate, comprabili coi soldi. Persone che si fanno i conti in tasca in ogni momento. Come abbiamo potuto passare dall'etica del bambino vero, del bambino disinteressato, eroe della favola di Pinocchio, al premio in denaro promesso agli alunni da Cento e lode o al voto svuotato di qualsiasi connotazione morale e trasformato in punteggio?1

La panacea della Meritocrazia! Riempirà ancor di più le strade di automi, che “si attivano” solo se conviene, che spostano il proprio voto da una parte all'altra in cambio di una tassa in meno. E i soldi sono fatti così: non bastano mai, non soddisfano mai.

Io voglio continuare ad insegnare ai miei ragazzi ad esser felici, a seguire la passione ed il cuore e a non tradire se stessi, rendendo felici, così, anche gli altri. Voglio continuare a creder di poter dar loro voglia e capacità di entrare in contatto con le persone senza aspettarsi per forza qualcosa in cambio. Voglio continuare a pensare, kantianamente, che il fine resta sempre e solo l'uomo, non i soldi, non il prestigio. Non la carriera, nemmeno il merito.

Proprio come questo mio buffo trafficare intorno a una culla, che a pensarci bene ha un solo fine.

La mia piccina, che sta arrivando tra noi.