Beppe Grillo e l’antifascismo
È un problema che non mi compete. Così ha recentemente risposto Beppe Grillo ad un giovane di Casa Pound che gli chiedeva se il Movimento 5 Stelle fosse antifascista. Al di là di tutto il polverone sollevato dai giornalisti, tutti schierati contro il comico in maniera a dir poco sospetta, urge chiarire veramente quello che ritengo possa essere effettivamente il pensiero di Grillo a riguardo.
L’esternazione - dal mio punto di vista più che condivisibile - del leader dei grillini potrebbe alludere in realtà a quelle critiche che, dall'interno della sinistra, da trenta-quarant'anni vengono mosse al comunismo e, più in particolare, alla sua tendenza dissolutiva - per dirla con Del Noce1 - orientata soltanto a distruggere qualcos'altro, ad esser "anti-qualcosa", ma incapace di costituirsi anche come forza propositiva, in grado di produrre qualcosa di nuovo.
È quanto sostiene anche Lukàcs, quando avverte che il vero comunismo non sia quello dei partiti, ma quello delle masse. Quando sottolinea che la dissoluzione del capitalismo, a cui per definizione il marxismo tende, non possa evitare di dissolvere anche il proletariato, in quanto classe.
La rivoluzione marxista, insomma, non potrebbe che portare alla fine del comunismo tanto quanto a quella del capitalismo, permettendo a tutti di approdare ad una società senza classi, compresa quella proletaria. Questo, però, è quanto un Partito non vuole e non può accettare. Un partito, comunista o no, non si costituisce certo per auto-distruggersi. Lo Stato stesso non può in alcun modo veicolare valori fondamentalmente anarchici ed "anti-Stato" come quelli di Marx.
Del Noce - il cui pensiero è stato adeguatamente rimosso dalla nostra cultura - ci mette in guardia.
Una sinistra che sappia soltanto essere antifascista, che si commuova alle cerimonie di commemorazione, che si nutra di un'estetica vuota, retorica, sempre da decifrarsi come simbologia dell'anti-qualcosa (si pensi all'ironia di Kundera, con il suo Mito della Grande Marcia!), non potrà che permettere, proprio mentre si proclama nettamente ed orgogliosamente antifascista, l'insorgere di un fascismo ancora peggiore, più sofisticato, più efficace, quasi imbattibile. Il fascismo che instaura la Dittatura del permissivismo e del consumismo.
Insomma, secondo Del Noce, Mussolini o Hitler sono il frutto più maturo - esattamente come Stalin - del marxismo anticapitalistico in favore delle masse, a cominciare dai suoi simboli, dal “fascio”, l'unione che fa la forza di tutti, concetto tipicamente marxiano. Per non parlare del lessico dei dittatori di destra: la Repubblica Sociale, il Nazionalsocialismo.. Termini non certo scelti a caso, riempiti di contenuti in gran parte in linea con quella convinzione, tipica del Manifesto di Marx, dell’invincibilità di un popolo unito contro le ingiustizie sociali. L’adesione iniziale del Duce al partito socialista, insomma, non andrebbe ritenuta un errore di gioventù: quell’essenza socialista, Mussolini non l'avrebbe mai davvero abbandonata.
Allo stesso modo, Berlusconi va considerato il risultato di un antifascismo distratto e complice.
Un antifascismo che, commemorando per decenni le vittime dell'olocausto e l'eroismo partigiano, ha sottovalutato - e spesso addirittura appoggiato - l'ascesa del più spersonalizzante consumismo, di quell'idolatria del denaro, della ricchezza e del benessere, confluiti negli ideali del Cavaliere e nel suo berlusconismo. Quell’antifascismo che già alla fine della Guerra, con la scusa di risarcire gli ebrei di quanto patito dai loro congiunti nei campi di sterminio, escogitò e mise in atto un piano di colossale ingiustizia in Palestina, realizzando un Stato che è oggi la quinta potenza nucleare del mondo e perpetra violenze ed aggressioni di ogni tipo. Ma che, per contro, costituisce la longa manus americana per il controllo totale dei giacimenti petroliferi del Medio Oriente e dei Paesi Arabi. Un colpo di bacchetta magica, ed ecco che difendere la causa degli ebrei, e di Israele, è diventata una "cosa di destra"!
In nome dell'antifascismo si è permesso ad un sistema “non fascista” di instaurare un fascismo - molto più subdolo e occulto di quello degli anni Venti e Trenta – direttamente nella mente delle persone.
In Italia la sinistra, costantemente impegnata nella lotta contro il fascismo, non ha poi saputo cosa fare davvero nelle poche occasioni in cui le è toccato di governare, dimostrando ancora una volta di essere mera forza di opposizione, sempre anti-qualcosa, ma mai forza di governo; mai pro-qualcosa.
Si pensi alle famose richieste, da parte degli elettori di Ulivo, Margherita, DS, PD ecc., di "fare qualcosa di sinistra"; si pensi al conflitto di interesse, alle leggi elettorali.. Meglio parlare ma non toccare nulla, meglio lasciare tutto com’è.
Distruggere davvero la forza del nemico significherebbe dissolvere la propria, rinunciare ai propri cavalli di battaglia, per quanto logori e sfiancati. E questo, la sinistra non è disposta a farlo; per lo meno un "partito", di sinistra.
Così, in coda ad un ventennio di scontri beceri e volgari, che non hanno però mai portato la sinistra a dimostrare di voler davvero far cadere il governo del suo "odiato" rivale, ci ritroviamo un Santoro che dà una mano a Berlusconi, proprio alla fine di un anno in cui il partito di sinistra ha pienamente appoggiato - insieme alla destra “nemica” - la politica fascista delle banche internazionali, dei tagli e della precarizzazione del lavoro, dei licenziamenti e dei suicidi in serie, del terrorismo fiscale, ecc. Un anno di crisi e di angherie terribili che ha tutta l'aria di voler trovare il proprio epilogo in un appuntamento elettorale opportunamente stabilito al fine di rafforzare ancor più il regime di Monti, sicuramente ancora protagonista della scena politica nei prossimi governi.
Naturalmente tutto in nome dell'antifascismo.
Questo, a mio parere, potrebbe avere in mente Grillo quando si dimostra stufo dei discorsi antifascisti.
Non pare strano a nessuno, d’altra parte, che Rockefeller - l'uomo più ricco del mondo - da anni si proclami un convinto marxista?