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Al-Qaida, Isis ed altri racconti. La lunga lista delle coincidenze

Da anni è chiaro a tutti: le riserve petrolifere sono destinate ad esaurirsi in tempi drammaticamente brevi. Dieci, quindici anni. Niente di più.

Anche la cosiddetta Shale revolution, che aveva portato gli USA a svettare in cima alla classifica dei paesi produttori di petrolio, sembra avere i giorni contati. A causa dei gravissimi effetti sull'ambiente, sulla struttura idrogeologica del pianeta e sulla nostra salute, naturalmente. Terremoti inclusi.

Sole e vento, d'altra parte, non fanno gola a nessuno: non sono monopolizzabili dalla finanza internazionale. Ergo, una guerra senza confine che, da qualche tempo a questa parte, si sta allargando in Medio Oriente per mettere le mani sull'altra fonte di energia che è possibile gestire a livello più o meno monopolistico e che, al contrario del greggio, sembra ancora sfruttabile per lungo tempo: il gas naturale.

Da sempre l'Europa dipende dalle enormi riserve di gas dei giacimenti russi e di quelli nord africani. Questo, naturalmente, ha costituito a lungo un punto di forza per nazioni come la Russia o la Libia, nei rapporti con l'Occidente e, di conseguenza, anche una fortissima fonte di preoccupazione per gli USA.

Ed ecco allora i fatti, anche se prima è necessario un utile ripasso.

Presente l’invasione dell’Afghanistan? Ebbene, nell’estate 2001 gli USA avevano avvertito l’impellente necessità di sostituire il regime talebano con un governo più “amico”, in grado di permettere la realizzazione di una grande rete di oleodotti prevista dalla cosiddetta Dottrina Clinton. Nello specifico, si trattava di una terza direttrice di pipeline (oltre all’oleodotto inaugurato nel 2005, quello che collega l’Azerbaigian alla costa turca passando per la Georgia, ed a quello che porta il greggio dal Mar Nero alla Macedonia, servendo così l’Europa), in grado di trasportare petrolio da Oriente ad Occidente senza passare per la Russia e collegando il Turkmenistan al Pakistan, passando proprio per l‘Afghanistan. Quell’Afghanistan ormai un po’ troppo sotto controllo del nazionalismo talebano.

Come tutti sanno, ma pochi amano ricordare, dalla seconda metà degli anni Novanta l’America sosteneva apertamente i talebani, avendo instaurato con loro ottimi rapporti. Questa setta integralista di studenti delle università sunnite aveva preso il controllo dell’Afghanistan dopo il ritiro delle truppe russe (entrate nel Paese nel 1979 per sostenere il governo filosovietico di Babrak Karmal e poi costrette a ritirarsi nel 1989 a causa delle continue rivolte dei guerriglieri mujaheddin) ed il successivo fugace governo del presidente Rabbani (che proprio i talebani avevano arrestato nel 1992, mutilandolo, trascinandone il corpo legato ad una gip per poi appenderlo con una corda e sparargli un colpo alla testa). Tra gente addestrata ed armata fino ai denti dalla CIA del calibro di Bin Laden e gli Stati Uniti, insomma, da lungo tempo si protraeva un autentico idillio.

Dal 1999, però, qualcosa era cambiato. Gli USA avevano cominciato ad intuire che i talebani, un po’ troppo nazionalisti e gelosi della loro sovranità, non sarebbero stati in grado di assicurare un pieno appoggio ai progetti petroliferi americani. Così, avevano deciso di cambiare strategia. Nel luglio 2001, a Berlino, si era verificato un drammatico incontro tra tre funzionari americani, il ministro degli esteri pakistano Niaz Naik e diversi capi talebani, finalizzato a “proporre” a questi ultimi un governo di unità nazionale filoamericano e, soprattutto, “più sensibile” alle esigenze imperialiste statunitensi. Il conseguente e categorico rifiuto talebano era stato preso malissimo dagli americani, che - come lo stesso Naik avrebbe poi raccontato in un‘intervista alla Bbc, il 18 settembre 20011 - avevano minacciato di invadere l’Afghanistan entro la metà di ottobre.

E tu guarda le coincidenze. Signore e signori: l’11 settembre, caduto proprio a pennello, come si suol dire! Da lì in poi, il grande terrore di Al-Qaida.

Ed eccoci a noi, allora.

Con un atteggiamento "destabilizzante" paragonabile proprio a quello assunto nell'estate 2001 dall'Afghanistan, nel 2007 Svizzera e Iran cominciano a turbare “gli equilibri” firmando un contratto di venticinque anni per la realizzazione di un gasdotto (Persian Pipeline), atto ad esportare dal Golfo Persico alla Confederazione elvetica oltre 5 miliardi di metri cubi all'anno di gas, la risorsa “del futuro”. Su immediata pressione USA, il contratto viene abbandonato definitivamente nell’ottobre 2010. Ma i guai, per gli americani, non sono ancora finiti.

Il 25 luglio 2011 Iran, Iraq, Siria e Libano annunciano un accordo per la realizzazione di un gigantesco gasdotto (l'Islamic Pipeline), che passerà sotto il Mediterraneo per approvvigionare l’Europa. Tale gasdotto si rivela, evidentemente, in netta concorrenza con il progetto del Nabucco Pipeline (nato nel 2009), che prevede di portare il gas dalla solita Baku (Azeirbaijan) alla Germania, passando per la Turchia e i Paesi dell’Europa dell’Est. Un progetto, quest'ultimo, che gli Stati Uniti avevano fin da subito appoggiato fortemente, proprio per allentare la dipendenza europea della risorse di gas russo. L’Islamic Pipeline sarebbe in grado di provvedere al soddisfacimento del completo fabbisogno di gas naturale della Siria, dell’Iraq e del Libano.

Gli Stati Uniti, quindi, si sentono di nuovo presi in contropiede; ma un boicottaggio del progetto, questa volta, non appare facile a realizzarsi. Se l’Iraq, in seguito all'occupazione ONU, per qualche tempo è rimasta sotto l'influenza USA, ora da quelle parti la situazione sta cominciando a sfuggire al controllo americano; per non parlare della ribelle e “canaglia” Siria.

Così, nella primavera 2011, proprio in Siria scoppia la guerra civile tra i sostenitori e gli oppositori del leader Assad. Ci risiamo, il “caso” fa proprio strani scherzi!

Dall’estate di quello stesso anno l'opinione pubblica occidentale viene messa al corrente di efferati crimini commessi dall’esercito siriano sulla popolazione e, soprattutto, suoi bambini. La polemica subisce una forte escalation tra il 2012 ed il 2013, quando l’Occidente viene informato del massiccio uso di armi chimiche da parte delle truppe regolari siriane. Tali eccidi autorizzerebbero, quindi, un quanto mai necessario intervento degli USA e dell’ONU per rovesciare il "regime" di Assad. Dal luglio del 2014, infine, l’Occidente viene informato che un terzo della Siria risulta ormai controllato dall’organizzazione terroristica ISIS, considerata molto più pericolosa di Al-Qaida e le cui esecuzioni nei confronti di giornalisti americani e britannici - filmate e diffuse dalle tv occidentali e su Internet - scatenano puntualmente l’ira dell’opinione pubblica, costituendo un ulteriore motivo di intervento militare degli USA. L'ISIS, si dice, avrebbe anche iniziato ad occupare vaste zone dell'Iraq.

Gli aerei americani, di conseguenza, dal settembre successivo si sentono ormai pienamente autorizzati a bombardare i due Paesi interessati. E ciò, nonostante l’ex agente NSA Edward Snowden, in un’intervista rilasciata il 16 luglio 2014 al Gulf Daily News, liquidi l’ISIS come una “messa in scena ideata dai servizi segreti britannici, americani ed israeliani”2

L’inquietante serie di incontri, alquanto sospetti, verificatisi a partire dal febbraio 2011 tra il senatore repubblicano USA John McCain ed importanti membri di Al-Qaida ed Isis, primo fra tutti il "famigerato" Ibrahim al-Badri - meglio conosciuto come Abu Bakr, niente meno che il fondatore del cosiddetto Stato Islamico - recentemente evidenziati dal periodico di informazione Voltairenet.org in un dettagliato articolo di Thierry Meyssan, completano l’elenco delle “coincidenze”.

A questo punto, solo più un suggerimento E se provassimo ad informarci ed a riflettere un po’ di più su ciò che ci accade intorno, senza bere proprio tutto ciò che ci propinano i Tg?

Così, tanto per non farsi sempre prendere in giro

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1 http://news.bbc.co.uk/2/hi/south_asia/1550366.stm

2 http://www.globalresearch.ca/isis-leader-abu-bakr-al-baghdadi-trained-by-israeli-mossad-nsa-documents-reveal/5391593