La Vecchia Fortezza
Appena abbiamo sentito sopraggiungere l'attacco, ci siamo predisposti a contrastarlo nel modo più efficace. Già da tempo avevamo fatto tutto il possibile per rendere inespugnabile la nostra Fortezza. La Cinta muraria rialzata, i Fossati ancor più scavati, il Barbacane corazzato, le inferriate del Dongione potenziate.
La posizione stessa della nobile Fortezza era stata scelta con cura. Eretta fieramente com'era, in cima a una ripida collina, avrebbe dovuto scoraggiare, agli occhi del nemico, qualsiasi intento aggressivo. Ma niente, purtroppo, è valso a sventar lo scontro. L'ennesimo scontro. Il più amaro tra tutti quelli subiti.
L'inconfondibile rombo dei cavalli al galoppo, misto alle urla selvagge dei mille soldati, un tempo alleati e ora improvvisamente rivali, ci ha tirato giù dai letti. Decisi a non cedere a nessuno la nostra Terra, le nostre case, la nostra serena quotidianità.
L'impatto è stato violentissimo, ancor più doloroso nel riconoscer nei nostri aggressori proprio coloro che, un tempo, erano amici. Le nostre coppe ricolme del vino più buono a lungo si erano intrecciate alle loro, nei festosi e appassionati brindisi in nome di un'antica e apparentemente tenace alleanza. Ma abbiamo cercato di scrollarci di dosso al più presto sorpresa e delusione, imbracciando le armi e intraprendendo, intrepidi, la nostra lotta.
Ci sono state fasi in cui abbiamo anche tentato di trattare. In cui abbiamo perfino offerto la nostra sincera amicizia, per ricostruir quel secolare sodalizio. Fasi in cui abbiamo provato a indurre a più saggi consigli i loro generali... Ma tutti i nostri tentativi sono falliti. Le lettere, stracciate. Gli ambasciatori, impiccati.
La guerra, mi chiedi? Durissima. Ci siamo difesi con tutte le forze; con tutto il coraggio. Facendo ricorso all'intera esperienza maturata nel corso dei precedenti assedi. Tentando però, allo stesso tempo, di mantener sempre un profilo leale. Nessuno dei nostri ha mai colpito alle spalle un soldato nemico, e il nostro esercito si è sempre dichiarato pronto ad accogliere ogni eventuale proposta di Pace. Nessuna missiva di questo tipo, però, è mai giunta alle nostre abitazioni.
Giorno dopo giorno, abbiamo cercato di mantener alto il morale, di non farci deprimere dalle fasi più dure del conflitto, di incitare i nostri compagni all'eroismo e alla più assoluta concetrazione, pur vivendo in continua apprensione per lo stato di salute della nostra Fortezza. Troppe volte ferita dalle granate. Troppe volte devastata dalle fiamme.
Ogni colpo, ogni sciabolata, ogni amputazione, ogni smembramento inflitto ai nostri animi si è tradotto in un corrispondente danno alla sua generosa struttura.
Quando il nemico si è ritirato, abbiamo cominciato a seppellire i nostri morti, a soccorrere i feriti, a consolare i nostri figlioli. Ma ovunque, intorno a noi, regnava ormai morte e desolazione.
Ora che in tutta la Valle è tornato il Silenzio, contiamo le vittime e tentiamo di riparare le nostre case, in attesa di un nuovo - e forse decisivo - assedio.
La Fortezza è ormai troppo provata. In molti punti, i muraglioni hanno ceduto. Troppe feritoie risultano danneggiate, e il Dongione è quasi completamente raso al suolo.
Seduto sulle sue macerie, mi chiedo se avremo tempo e modo di riedificarla ancora una volta. Per lo meno, un'ultima volta.
O se sia il caso, invece, di uscir tutti da queste vecchie e straziate Mura, incamminandoci silenziosi verso una nuova Terra.